Il buon marinaio si riconosce nella tempesta. Gli allenatori sono marinai nell’oceano di un calcio sempre più difficile. E i bravi allenatori sono quelli che fanno andare veloce la loro nave quando va tutto liscio e che se la cavano anche tra le onde più grosse. Alessio Dionisi al primo anno di Serie A ha preso la laurea e al secondo sta facendo il Master. Il Sassuolo era sparito all’improvviso nelle acque agitate di una stagione molto strana e piena di ostacoli, lui lavorando con pazienza e bravura l’ha fatto riemergere e l’ha messo in sicurezza. Proprio quando il calendario sembrava una condanna.
Alessio, lei ripete spesso che il Sassuolo non è ancora guarito. Cosa intende? E quando sarà completa la guarigione?«Saremo guariti quando ci confermeremo negli atteggiamenti e nelle prestazioni come squadra. La continuità fa la differenza. Non bastano poche partite, anche se per me il cambiamento non è iniziato con il pareggio di Monza ma con la sconfitta di Firenze».
Qual era la malattia? «La carenza di motivazioni. Tocca all’allenatore trasmetterle, insieme all’ambiente e alla società, ma anche i giocatori devono averle dentro. A volte non abbiamo avuto le stesse motivazioni degli altri e questo è grave».
Qualcuno può aver pensato che ci fosse meno ambizione dopo le cessioni estive? «Sicuramente qualcuno ha pensato che fossimo meno competitivi. Lo percepivo nell’aria e non lo condividevo: così ci si crea un alibi. E l’alibi è perdente. Poi la stagione è stata complicata anche dai tanti infortuni. Però sono fiducioso perché a Udine abbiamo trovato il modo per superare le difficoltà. Adesso ho una percezione diversa».
Non ha mai temuto l’esonero? E si è chiesto cosa sarebbe successo in caso di sconfitta a Monza? «Non ho temuto l’esonero, ma so che fa parte del percorso di ogni allenatore. A me accadde alla prima esperienza in panchina, in Serie D con l’Olginatese. Qualche settimana fa ci poteva stare che fossi esonerato, ma non ho pensato a cosa sarebbe successo se avessimo perso a Monza. Cerco di mettermi nella testa di chi deve prendere le decisioni e comunque io mi sento sempre in discussione: adesso come allora».
Per risollevare la squadra, è stato più allenatore o più psicologo? «Cerco di capire i ragazzi che alleno. E di essere credibile. In questo lavoro bisogna saper anche trovare le parole giuste al momento giusto. Sul campo ho adottato qualche piccolo accorgimento, ma non sulle idee di gioco o sui principi: più che altro, ho reso più elastica la posizione dei centrocampisti».
Berardi è di nuovo infortunato. Quanto perdete senza di lui? «Senza Mimmo perdiamo tantissimo perché ha numeri pazzeschi. L’unico modo per sopperire alla sua assenza è vederla come un’opportunità per gli altri».
Laurienté diventerà più continuo? «È quello che gli manca per diventare un giocatore da livello superiore. Oggi è un giocatore da Sassuolo e deve chiedersi perché è qui e non in un grande club. Deve alzare l’intensità in allenamento e lo sta facendo».
Lei ha fatto pace con Lopez? «Maxime doveva far pace con se stesso. E adesso credo l’abbia fatta. Tecnicamente non si discute, ma nel Sassuolo non si può pensare solo alla tecnica e tralasciare il resto. Altrimenti si resta fuori. Mi aspetto che dia di più: se lo fa, gioca».
Le squadre più in forma sono il Monza (con cui avete pareggiato), l’Atalanta (con cui avete vinto) e ovviamente il Napoli, che affrontate venerdì. Cosa si aspetta? «Il Napoli è nettamente la più forte, è ben allenata, organizzata, in fiducia. Potrebbe andare sotto di due gol e ribaltare la gara senza agitarsi più di tanto. Ho detto ai ragazzi che, da quando ci sono io, il Napoli è la squadra con cui abbiamo fatto meno punti, insieme all’Udinese, e quella con cui abbiamo la peggior differenza reti. Mi piacerebbe cambiare le cose, ma il Napoli in questo momento se la può giocare con le big d’Europa».
Meglio giocare e lasciare campo a Osimhen o stare bassi e rischiare di farsi accerchiare? «Magari alternare le due cose. Se gli concedi di salire negli ultimi trenta metri ti aggrediscono anche con i terzini. Puoi provare a ridurre gli spazi correndo in avanti, ma se poi cercano Osimhen con un lancio lungo rischiamo di andare in difficoltà. Dovremo essere coraggiosi. All’andata abbiamo perso 4-0, ma creando tanto».
Raspadori è partito molto bene ma da un po’ sta giocando pochissimo. È il prezzo da pagare? «È tutta esperienza per lui. Pur giocando poco, ha alzato tanto il livello: magari si aspettava di fare qualche partita in più, ma fa parte del processo di crescita».
I cinque gol a San Siro li porta nel cuore? «Certo, ma non vorrei che la nostra stagione fosse ricordata solo per questo. E ho chiesto ai ragazzi di chiudere bene anche per dare un valore diverso a quel successo».
Ha il contratto in scadenza. Si vede ancora a Sassuolo l’anno prossimo? «Lo spero, ma è una domanda per i dirigenti. Io penso sempre al breve periodo. Se allungo lo sguardo è solo per immaginare il percorso di ciascuno dei miei giocatori nell’arco della stagione e guidarlo a beneficio del gruppo. Per quanto riguarda me, sto imparando quanto sia importante essere uniti per lavorare bene. Le difficoltà ti formano e ti preparano».
Fonte: Gazzetta