Tra Kvaradona e Osimheraviglia ci sarebbe da ubriacarsi di felicità fino a notte fonda. Ma a Roma un nuovo giorno richiama alle responsabilità, il sole batte forte e il rischio di cadere per un abbaglio di vana gloria induce il saggio Spalletti a commentare con sobrietà la fuga del Napoli. Dribblando le domande sul significato di un primo posto che sembra fatto di cemento armato, Luciano ha chiesto, a modo suo, di rimettere in frigo lo spumante. E dopo aver ricevuto al Coni il Premio Fortunato come “miglior tecnico”, ha ricordato che «in fondo siamo solo a febbraio». Invocare alla prudenza, in un clima già di festa, gli è parso il minimo. A un certo punto, mentre decine di persone tentavano di portare a casa un selfie facendolo sentire quasi un semidio, ha addirittura messo le mani avanti: «Non so se saprò gestire questa pressione» (sorriso malizioso). E ancora: «Potrà succedere quello che gli pare, io in qualsiasi caso non avrò rimorsi» (altro sorriso). Non è scaramanzia. Altroché. Per Spalletti è questione di umiltà, secondo quanto riportato dal CdS, mescolate a qualcosa che ha a che fare con la rabbia (sana) di chi è stato sempre trattato da subalterno e ora si sta prendendo di forza il palcoscenico. «Si va in campo disposti a distruggerci per ogni singolo pallone, questo chiedo ai ragazzi – ha spiegato l’allenatore dopo la premiazione di ieri al Salone d’Onore – Commettiamo un errore enorme se entriamo dentro presuntuosi, convinti che qualcosa ci venga dato d’ufficio». Champions inclusa: «L’Eintracht è forte quanto noi, sarà una sfida difficilissima».
La Redazione
Fonte: CdS