Quando Edinson Cavani arrivò a Napoli, Victor Osimhen aveva appena dodici anni, viveva quel tempo nelle atmosfere per lui disagevoli della sua Nigeria e sognava. El Matador s’avvicinò a Napoli prepotentemente, ne fece subito trentatré, ne rifece poi altri trentatré e prima di andarsene a Parigi, lasciando in eredità sessantaquattro milioni di euro. Centoquattro reti in tre stagioni, alla media rispettabilissima e inavvicinabile d’un gol ogni 120′, come non sarebbe riuscito neanche al Pipita. Perché il giorno in cui Gonzalo Higuain mise piede al San Paolo e Osimhen aveva ancora quindici anni, un adolescente che a Lagos vendeva acqua minerale ai semafori e però immaginava un futuro esaltante, Cavani seppe resistere, con quella sua andatura quasi folle, ma crollò altro, per esempio il record di Nordahl, che Sua Maestà – il nuovo primatista – stracciò in una serata densa di magia, contro il Frosinone, che lo spinse tra i Fenomeni paranormali con quelle trentasei reti necessarie per oscurare una leggenda.
Fonte: CdS