Un traguardo rotondo nel giorno che potrebbe cambiare tutto. Massimiliano Allegri raggiunge oggi le 450 panchine in serie A eppure dice che avrebbe dovuto fare un altro lavoro. «Io non sono un allenatore, faccio questo mestiere per sbaglio, dovevo fare un’altra roba…». Ovviamente non si può non notare il sorrisetto che accompagna la battuta che stempera un po’ l’attesa dello scontro diretto che potrebbe lanciare definitivamente in orbita la Juventus ma che suona anche come una frecciatina ai detrattori, a coloro che puntano sempre il dito contro la sua idea di calcio, al suo essere iper pragmatico e risultatista e non al passo con la filosofia “giochista” e rivolta alla bellezza che va per la maggiore. Il “corto muso” di Max è diventato un modo di dire e un marchio di fabbrica e, a conti fatti, una via altrettanto vincente verso il successo. Una strada che può non piacere, certo, ma che non sembra tramontata se è vero che ha portato l’allenatore a costruirsi una bacheca con ben 13 titoli (11 in bianconero e due con il Milan) e che ha permesso alla Juve di svoltare e centrare otto vittorie consecutive. Non può essere un caso, insomma, non c’è nulla che assimigli ad uno sbaglio e Allegri vuole certificarlo nella notte più importante fin qui della stagione contro Spalletti, un collega che riempie di complimenti e pubblici applausi ma con cui ha spesso avuto un confronto dialettico acceso. «Luciano è talmente buffo e divertente che, a volte, litighiamo come l’anno scorso a fine partita. È molto bravo, ho grande stima di lui e affrontarlo è sempre una bella sfida: è il migliore ad allenare e ad insegnare, lo sta dimostrando a Napoli e l’ha fatto pure a Roma e Milano».
PRESSIONE. La partita si gioca anche in panchina e a parole, come sempre accade, e Max sapientemente ci gioca anche per buttare tutta la pressione nel campo avversario. «La partita non è decisiva per lo scudetto ma credo che per loro sia molto più importante che per noi». Fece lo stesso ragionamento lo scorso anno, alla vigilia della visita al Milan a San Siro e la Juve portò a casa un punticino che mantenne inalterata la distanza dai rossoneri, allora di dieci lunghezze. Oggi il Napoli dista sette punti ma potrebbe allontanarsi di nuovo a +10. Ma le considerazioni di Allegri hanno una spiegazione ben precisa: il non deroga dalla sua filosofia dei piccoli passi e mantiene il radar fissato sull’obiettivo di entrare tra le prime quattro. «Non è un crash test ma uno scontro diretto contro la squadra più forte del campionato e non lo dico io, ma la classifica. Hanno collezionato 44 punti, perso una sola volta e possono chiudere il girone di andata a 50 punti. È normale che siano i favoriti per lo scudetto». Difficile non credere che Max non pensi al grande obiettivo, come del resto lo scorso anno quando la rincorsa – sempre negata, peraltro – si interruppe contro l’Inter. Per il momento, il tecnico rivendica con orgoglio quanto fatto: «Due mesi fa nessuno credeva che la Juve potesse arrivare in queste condizioni a questa partita. Veniamo da risultati importanti, come del resto il Napoli; nel calcio, però, vige la regola che quello che hai fatto il giorno dopo non conta più. Per questo dobbiamo mantenere il profilo basso, pensare a lavorare e a continuare il nostro percorso di crescita. Come squadra e come. singoli dobbiamo migliorare in tante cose. Con il Napoli, che è squadra ben allenata, organizzata e molto forte tecnicamente servirà fare una partita con grande tecnica, intensità, voglia ed entusiasmo». Anche per regalare l’ultima gioia ad Andrea Agnelli, che vivrà oggi l’ultima partita da presidente dimissionario prima del cambio al vertice in programma la prossima settimana. «I risultati e il lavoro fatto in questi dodici anni parlano per lui – chiosa Max – Io posso solo ringraziarlo per avermi dato la possibilità di allenare la Juventus, di stargli vicino e di lavorare con lui per tanti anni».
Fonte: Cds