Catello Maresca: “Daspo a vita; il rito per direttissima andrebbe rivisto”

“Le scene di domenica scorsa alle quali abbiamo assistito sono il condensato di una follia collettiva che con lo sport, e soprattutto con il tifo, non hanno nulla a che vedere. Per questo credo sia giusto invocare la linea dura contro quei teppisti che devono essere messi nella condizione di non nuocere più. Anche infliggendo loro il Daspo a vita”. Parola di Catello Maresca, magistrato di lungo corso, ex pubblico ministero di punta del pool antimafia che diede scacco matto al clan dei Casalesi e al superboss Michele Zagaria.
Che idea si è fatto della guerriglia messa in scena sull’autostrada, domenica scorsa? «Tanto per cominciare ho avuto la conferma del fatto che i protagonisti delle violenze tutto sono tranne che tifosi. Chi programma di interrompere il viaggio che dovrebbe portarlo verso uno stadio per azzuffarsi su un’autostrada fa parte di una categoria che con la passione calcistica non ha nulla a che vedere. Quella rissa era la rappresentazione della degenerazione del tifo sportivo: dunque, tanto per cominciare, chiamiamo i protagonisti di quella vergogna con il loro vero nome: teppisti violenti».
Qualcuno continua a dire che quell’incontro non sia stato casuale, e che – anzi – fosse stato addirittura programmato. Un appuntamento per regolare vecchi conti… «Questo è probabile. Fatto sta che fino a poco fa queste scene si consumavano all’esterno o in prossimità degli stadi; oggi ci si dà la caccia in altri luoghi. Ho visto il materiale che è stato sequestrato ad alcuni ultrà napoletani: coltelli, spranghe, petardi, e questo dimostra che per questa gentaglia anche una trasferta rappresenta unicamente un’occasione di sfogo assurdo, una follia».
Ora serve una risposta ferma. Lei che cosa proporrebbe? «Sono d’accordo con chi chiede una linea dura e risposte ferme, ovunque accadano queste situazioni. Aggiungerei che in questo caso i protagonisti delle violenze erano napoletani e romani, ma sarebbe sbagliato fare riferimenti mirati al tifo estremo di questa o quella squadra, perché i delinquenti circolano ovunque».
E dunque, in concreto, che trattamento meritano adesso i responsabili di quei fatti? «La Polizia di Stato li sta identificando, uno a uno: i responsabili degli atti violenti verranno fermati e sottoposti a un giudizio, che si concluderà – mi auguro – con una condanna per il reato commesso. Spero che i colleghi applichino le pene che meritano. Ciò detto, spero anche che questa gentaglia venga radiata a vita da ogni manifestazione sportiva, perché deve essere messa in condizione di non nuocere più».
In che modo? «Per chi verrà colpito con la misura del Daspo, proporrei un inasprimento delle misure».
In che forma? «Tratteniamoli in caserma o nel commissariato per l’intera durata dell’evento sportivo».
Intanto si registra il primo processo per direttissima. Per un ultrà romanista il giudice ha convalidato l’arresto, disponendone subito dopo la scarcerazione e l’obbligo di firma e di dimora, da osservare a Roma. Una misura troppo blanda? «Quello delle direttissime, in questi casi come anche per chi commette reati predatori, rappresenta un problema, è vero: perché si concludono quasi sempre con la convalida dell’arresto, ma poi con la scarcerazione dell’imputato. Ecco perché credo che un ripensamento sul rito direttissimo vada fatto: ma questo spetta al legislatore».
C’è analogia tra le logiche degli ultrà violenti e quella dei mafiosi? «No. Al di là delle forme di organizzazione interna che hanno, io credo che i teppisti da stadio siano solo rozzi e stupidi soggetti incapaci di ragionare sulle conseguenze dei comportamenti che mettono in atto. I mafiosi sono criminali calcolatori».
Il Mattino
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