Caso D’Onofrio: gli inquisiti chiedono l’amnistia a Gravina

Il caso D’Onofrio sembra destinato ad avere effetti anche nel lungo periodo. Dopo l’arresto del procuratore capo dell’Aia, che ha portato prima al trasferimento alla Figc della giustizia arbitrale e poi alle dimissioni del presidente Alfredo Trentalange, adesso sono gli stessi associati a muoversi. In particolare c’è fermento tra chi – ex direttori di gara, presidenti di sezioni e designatori – è stato inquisito da Rosario D’Onofrio e condannato con sentenza passata in giudicato. Sono al momento una ventina le persone che si sono unite per presentare al presidente della Figc Gabriele Gravina un’istanzia di amnistia collettiva, ma sono convinte di diventare molte di più. Tra loro anche nomi di rilievo come quelli di Morganti, Giacomelli, Pasqua e Robilotta. Il presupposto è che i procedimenti a loro carico siano viziati all’origine, visto che sono partiti da un procuratore all’epoca agli arresti domiciliari.

Gli associati hanno affidato le loro recriminazioni all’avvocato bolognese Giorgio Spallone, tra i primi a parlare di amnistia (provvedimento che cancella l’illecito e i suoi effetti accessori) dopo l’arresto di D’Onofrio per spaccio internazionale di stupefacenti: «Di questa incredibile vicenda resta il popolo di associati la cui esistenza è stata investita dal ciclone di indagini promosse da un Procuratore Nazionale, poi risultato versare in situazione personale e giudiziaria incompatibile con il delicato ufficio rivestito. Il che inficia di nullità sostanziale e pregiudiziale tutti i procedimenti da lui promossi. Solo l’amnistia potrà restituire, solo in parte, giustizia a chi ha visto la propria vita professionale e personale stravolta».

 

Fonte: La Gazzetta dello Sport

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