Se fossero esclusivamente le statistiche a stabilire una dimensione, Khvicha Kvaratskhelia potrebbe starsene con il naso all’insù ad aspettare che la prossima finta sia quella giusta: ma il calcio sfila via alla velocità della luce, azzera in un
Un bel tempo, che ora giace lì, a ridosso della schizofrenia. Kvara si è eclissato, s’è fermato ad Anfield, ha saltato tre partite di campionato, se ne è stato un po’ con la lombalgia anche in vacanza, poi l’ha accantonata, però senza riuscire a ritrovare se stesso: ma sono volati via appena 138 minuti, la spruzzata di impazienza che tra San Siro e Marassi gli ha lasciato solo granelli di sabbia tra le dita e la voglia di rimettersi a correre, per andare incontro alla Vecchia Signora a modo suo.
BENE, BENISSIMO. È un altro Kvara, racconta la mini-serie di questo Napoli che in dodici partite s’è scatenato a sinistra alla modica cifra di dieci milioni di euro per ritrovarsi travolto da una insolita passione: ma niente è per sempre, anche gli artisti sono costretti a subire metamorfosi passeggere, e da quando hanno rimesso il pallone al centro dei pensieri, sono semplicemente due partite, le domande sorgono spontanee e stuzzicano Spalletti. «A me è piaciuto , per me ha fatto una splendida partita: è entrato in area a fare le solite serpentine, ha cercato di crearsi un varco». E ha sbagliato come capita a chi è tornato umano ma si è fatto cinquanta metri palla al piede, il fiato del difensore sul collo, la porta che improvvisamente si restringe e la traiettoria che diabolicamente tradisce per questione di centimetri.
L’ULTIMO ACUTO. Kvara è stato un ciclone che si è abbattuto sul calcio internazionale e poi l’ha conquistato con quella faccia da scugnizzo, l’eleganza delle movenze, l’espressione stupita di chi sa d’averla fatta grossa, immediatamente: gol al Verona, alla prima; doppietta al Monza, alla seconda; la rasoiata all’Olimpico contro la Lazio; la freddezza con il Torino; la straripante rapidità con il Sassuolo; ma, poi, l’estro sciccoso con il Liverpool e la generosità nello scatenare Simeone; la sublime interpretazione in Olanda, alla Cru ijf f Arena, e un campionario da mille e una notte. L’ultimo squillo, 29 ottobre, al “ Maradona ” , nell ’ abbuffata con il Sassuolo: settantadue giorni, vero, ma cinquantatré di sosta, altri quindici in infermeria, e al netto restano due apparizioni, con l’Inter e con la Samp, a rappresentare un tormento che appartiene agli altri, non a Kvara né a Spalletti. «Per me ha fatto benissimo». Napoli-Juve, che c’è di meglio per capire?
Fonte: CdS