«Mi aspetto un bel regalo dal Napoli per il mio compleanno». 41 anni compiuti nel giorno di Sampdoria-Napoli e un gran bel bagaglio di emozioni azzurre vissute da protagonista per Emanuele Calaiò. Ma ora tocca ai ragazzi di Spalletti regalare sogni: «Questo Napoli va forte, penso che il primo anno di Sarri e il secondo di Spalletti siano stati gli anni più belli da quando ho memoria. Lo dicono anche gli stadi pieni: finalmente tornano le persone sugli spalti, ci sono anche le famiglie e la gente si diverte ad andare allo stadio perché oltre ai risultati si vede sempre un gran bello spettacolo in campo. Secondo me questo è un anno straordinario, è difficile non sognare», racconta ora da spettatore. Ma l’Arciere non sarà mai uno spettatore qualunque: quel passato in maglia azzurra gli ha scalfito l’anima in maniera irreversibile: «Le emozioni che mi ha dato Napoli nella cavalcata dalla C alla A sono indimenticabili. Fra i ricordi più belli della mia carriera ho gli anni di Parma e di Siena, il mio primo gol a 17 anni in Serie A e poi di certo la mia avventura in azzurro. Vincere qualcosa a Napoli è un’altra cosa, è diverso che ovunque: qui è sempre festa, quando entravi al vecchio San Paolo e salivi i gradini e c’erano le curve piene che ti acclamavano saliva l’adrenalina a mille, ho provato sensazioni stupende e sono fiero di aver riportato il Napoli in Serie A, come meritava. Mi inorgoglisce pensare che questo cammino così importante che ha portato oggi il Napoli fra le vette d’Europa porta dentro di sé anche qualcosa di nostro, di quello che abbiamo costruito io e i miei compagni anni fa. Emozioni indescrivibili anche quando facevo gol era un batticuore immenso andare a scoccare la freccia sotto la curva con la gente che ti acclamava: penso che Napoli è unica al mondo per il suo tifo e per la gente».
Parla delle vittorie a Napoli e di sogni, lascia intendere che spera di vivere nuove vittorie quest’anno. Cosa pensa del momento, della sconfitta appena subita con l’Inter?
«Beh, è stata una bella batosta visto che si tratta di uno scontro diretto. Ma se proprio il Napoli doveva perdere meglio farlo a Milano contro l’Inter: lì un Ko si può anche digerire, perdere contro una grande corazzata a San Siro ci può stare, anzi difficilmente si è vinto lì. Poi per la legge dei grandi numeri una sconfitta prima o poi doveva arrivare, quindi va bene così, non sono per niente preoccupato. Mi spaventa di più il modo in cui si è perso: ho visto una squadra con poca intensità, poco reattiva e poco lucida. Buon possesso palla fino a metà campo però dal limite dell’area in poi si è tirato poco in porta e su queste cose bisogna lavorare. Ma la sconfitta ora può servire a dare un input alla squadra per ripartire da dov’erano prima della sosta e non sottovalutare nulla in questa seconda parte di stagione. Mi aspetto una grande reazione contro la Samp, questo passo falso dopo la preparazione fatta a dicembre poteva capitare un calo fisico e di brillantezza, è normale, ci vuole un pochino di tempo per recuperare totalmente, e una gara con i nerazzurri richiede tante energie psichiche e fisiche. Sarei stato più preoccupato se avesse perso a Genova».
«Bereszyński è un giocatore d’esperienza e duttile, una buona alternativa a Di Lorenzo e per giocare ad alti livelli è bene avere sempre delle valide sostituzioni. Tuttavia non credo troverà molto spazio: Giovanni è il capitano e come Lobotka, Kim, Kvara è intoccabile. Non mi aspetto di vederlo in campo contro la sua ex squadra, nonostante a volte il gol dell’ex sia quasi certezza nel calcio».
A Genova ci sarà un’atmosfera particolare anche per il ricordo di Vialli: in quello stadio Gianluca ha lasciato dei ricordi indelebili a tutti gli italiani. Lei che ricordo ha?
«Di Vialli non si può che avere bei ricordi: era uno degli attaccanti più forti d’Europa, lo dimostrò con la Samp, con la Juve… lo ammiravo tanto. Io poco fa misi una storia su Instagram ispirata a lui: io e mio fratello eravamo innamorati di Gianluca, così citai una sua frase, quando disse che è sempre importante migliorarsi e per farlo bisogna sempre trovare nuove soluzioni, partita dopo partita, allenamento dopo allenamento. Nella mia carriera mi sono sempre ispirato a quella frase che ormai porto stampata nel cuore. Io mi rivedevo molto calcisticamente in lui, penso che abbiamo caratteristiche simili: lui è stato un grande campione in campo e nella vita e io non posso che ricordarlo con grande affetto e stima».
Ma lei ha sempre avuto un debole per il Napoli o è un legame che si è costruito con la sua esperienza sul campo?
«In realtà non ho mai tifato per una squadra in particolare: da bambino ho tifato Roma, Milan, Inter, Juve… cambiavo spesso. Forse per anni ho preferito il Milan perché ero innamorato di George Weah, avevo anche le sue scarpette. Oggi posso dire che sono rimasto particolarmente legato al Napoli perché vivo la città, mio figlio è nato qui e impazzisce per i colori azzurri».
E Maradona? A Napoli quando si parla di calcio non si può non citarlo, forse tutti i campioni che passano di qui sentono una responsabilità, che è un po’ l’eredità lasciata da colui che è ritenuto il più grande giocatore del mondo.
«Non ho avuto il piacere di conoscere Maradona. Quando lui giocava io ero piccolo e avevo delle immagini sfocate di lui. Però crescendo ho visto video e mi sono appassionato perché è il giocatore più forte del mondo e provavo a studiarlo e a imparare da lui. Col passare del tempo quando sono venuto poi a giocare a Napoli ho vissuto emozioni fortissime anche pensando che in quello stadio aveva giocato prima di me un grande come Diego. Ho sentito subito una grande responsabilità e sentivo di dover lasciare anche io qualcosa a questa gente, perché i napoletani sanno regalare tantissimo a noi calciatori, l’affetto che sanno dare è qualcosa di unico».
La scelta, da palermitano, di vivere a Napoli?
«È stato facile fermarmi a vivere a Napoli: è molto simile a Palermo come città e anche da me la gente è calorosa. Non ho avuto nessuna difficoltà a riadattarmi in una città grande come Napoli. Qui sono nati i miei figli, ci sono tanti amici, è una città stupenda. Abbiamo girato tanto per lavoro, ma sono tre anni che ormai sono qui stabilmente e mi sento a casa».
Com’è una giornata tipo dell’Arciere a 41 anni?
«Durante la settimana mi divido fra gli allenamenti individuali e le scuole calcio, le trasmissioni sportive a cui partecipo, e poi mi diverto in un campionato amatoriale over 40, l’Intersociale, che mi permette di mantenermi allenato e di essere in compagnia di amici. Faccio molta attenzione al mantenermi in forma, ormai ho 41 anni e devo difendermi».
E invece come trascorrerà la giornata del suo compleanno?
«Questa mattina sono impegnato in una partita di beneficenza a Gricignano, poi a pranzo con i miei figli. Nel pomeriggio c’è il Napoli, e poi dopo un brindisi con i miei amici più intimi: alla fine sono un ragazzo semplice, non ho mai fatto nulla di particolare per il mio compleanno. Stasera mi basta vinca il Napoli».
Il Mattino