Bianchi ai microfoni de Il Mattino: “Io e Spalletti siamo simili in un aspetto. I giocatori dopo Milano covano la voglia di riscatto”

L’ex allenatore del primo scudetto azzurro Ottavio Bianchi analizza la sconfitta del Napoli contro l’Inter e su come ripartire per le prossime partite: «L’allenatore è sempre un uomo solo. E lo è ancora di più dopo una sconfitta. Dopo quella con la Fiorentina feci probabilmente la cosa più giusta: non dissi nulla. Una cosa in cui ero molto bravo. Perché le grandi squadre dopo un ko giocherebbero già la mattina dopo per riscattarsi. E quel Napoli, come questo Napoli, è una grande squadra». Ottavio Bianchi il 4 gennaio, ma di 36 anni fa, era sulla panchina di quella squadra delle meraviglie che perse la sua imbattibilità con la Fiorentina e poi vinse il primo scudetto della storia.
Corsi e ricorsi, può essere un buon segno?«Sono talmente scaramantico che io avrei perso apposta visto il precedente. Quel che conta è reagire subito. E noi dopo la sconfitta di Firenze ne vincemmo cinque di fila».
Spalletti cosa deve fare? «Nulla. Io mi lamentavo e parlavo se vincevo giocando male ma certo non gettavo benzina sul fuoco dopo una sconfitta. E questo allenatore mi somiglia molto: che cosa deve dire? Conosce vita, morte e miracoli dei suoi giocatori, sa bene chi deve spronare e con chi invece meglio che stia zitto. Ci sono tante anime in uno spogliatoio, da gestire diversamente. Mica potevo rincuorare Maradona dopo una sconfitta? Mi bastava guardare nei suoi occhi la voglia di sbranare l’avversario della domenica dopo».
C’è un rischio di qualche doloroso strascico? «Questo Napoli è stato bellissimo fino all’altra sera. Ha giocato contro una grande che si è schierata e affrontato gli azzurri come avrebbe fatto una provinciale. L’Inter non ha fatto nulla di male, anzi ha mostrato a tutte le altre come si fa a mettere in difficoltà gli azzurri. Non è un dramma aver perso e non mi pare che nessuno si stia disperando…».
Però ci sono sempre le voci, chi sospetta chissà cosa…«Ma sono pochi, pochissimi. Napoli è cresciuta dai miei tempi, è maturata: questo è un club che non vive di alti e bassi, è in pianta stabile tra le migliori di Italia da 12 anni. Sa bene come si gestisce una sconfitta, non ha bisogno di difendersi dalle paura».
Dopo l’Inter Spalletti cosa deve fare? «Vi dico io cosa avrei fatto: parlare il meno possibile. Anzi, zero. Forse neppure analizzerei gli errori della partita. Ma secondo voi Di Lorenzo, Anguissa, Rrhamani, non sanno da soli dove sono venuti meno? I grandi campioni, come quelli del Napoli, covano dentro la voglia di riscatto. La rivincita è dentro di loro: non hanno bisogno di sentire la tromba suonata dal loro allenatore o chissà da chi. Io so solo che dopo un ko Maradona e gli altri non vedevano l’ora di tornare a giocare».
Insomma, povera Sampdoria. «Sì. Anche se le piccole sono quelle che meglio sono arrivate a questa ripresa della stagione dopo la sosta invernale. L’Inter ha mostrato come si fa a giocare contro il Napoli: non devi sfidare gli azzurri nel palleggio, devi aspettare e poi ripartire. La Sampdoria farà così. Ma ha certamente meno qualità difensiva dell’Inter».
Lo corsa per scudetto è riaperta? «Gli alti e i bassi ci sono sempre in una stagione. Quel che conta è che non ci siano cali di concentrazione e di convinzione della propria forza. Il Napoli è forte, non lo deve dimenticare. E poi non mi sembra che quelle che inseguono abbiano il talento per poter ripetere il cammino degli azzurri da agosto a novembre. Milan e Juventus hanno faticato per vincere mercoledì. Cadranno anche loro».
Tra sette giorni c’è la Juventus, una volta la partita che valeva una stagione intera. «Una volta, ora non più. I tre punti con la Juventus sono tali e quali a quelli con la Sampdoria. Ai miei tempi no: il martedì prima guardavo Sivori e Altafini che invece di pensare alla sauna e alla piscina, chiedevano gli scarpini per scendere in campo. E allora tra di noi giovani dicevamo: Ecco non è un martedì argentino. Stava arrivando la Juventus, era chiaro. E da grandi attori si stavano preparando a recitare la propria parte da protagonisti».

 

Fonte: Il Mattino

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