L. Spalletti ai microfoni: “Dopo l’Inter allenarci più di prima e il futuro dipenderà anche da me”

Un’ora e mezza ad aspettarlo, perché il sospetto che prima o poi il Napoli potesse tornare era lecito averlo: tredici vittorie, due pareggi, quel «calcio strepitoso» riconosciuto da Dzeko, ma niente. Quarantacinque minuti, poi un’ora e l’attesa s’è prolungata, sino alla fine, in una notte divenuta strana per l’espressione vuota d’una squadra improvvisamente inariditasi: «Non siamo riusciti a far girare la palla con la stessa qualità di sempre». In quei novanta minuti in cui del calcio di Spalletti s’è visto poco (praticamente niente), il Napoli se ne è stato fuori dal proprio corpo, anche della sua stessa testa, ha gironzolato su ritmi bassi, ha sofferto se stesso (e anche l’Inter) e non è riuscito a scorgere una idea delle sue. «Possiamo fare di più». La prima sconfitta è un elemento statistico che Luciano Spalletti adagia al fianco della propria panchina e lascia lì, per le riflessioni del momento: c’è un campionato davanti, altre ventidue partite ed alle spalle, vero, s’avverte il rumore del nemico, ch’è ancora ragionevolmente distante. «Ora ci si allena meglio del solito per tornare a fare ciò che sappiamo fare ma con un’altra velocità. Ora dipende da me, perché per quello che abbiamo fatto vedere stasera il livello è stato più basso rispetto alle nostre possibilità. E, poi, a quel punto, si va a giocare e si fa vedere cosa si sa produrre». 

 

E’ ANDATA. La legge dei grandi numeri è un tormento dal quale sottrarsi e per provare a far finta di niente, assorbendo il dolore, Inter-Napoli va analizzata tecnicamente, pure tatticamente, nei risvolti di una partita che non muta radicalmente il benessere. «Calhanoglu andava spesso su Lobotka e i centrocampisti andavano addosso ai terzini. Ma noi possiamo fare di più». Cinque mesi da protagonisti assoluti non spariscono così, in 90′ insoliti: Inter-Napoli è finita da un po’, quando Spalletti scende in campo con autorevolezza a difesa del passato e anche del futuro. «Con qualche calciatore siamo stati un po’ sotto livello. Chi?». 

I DUELLI. E’ stata la sfida dei duelli (perduti), la prima di questo 2022-2023 che ha detto sistematicamente Napoli e che rimane lì, come rappresentazione di un’identità («Acerbi è stato un cliente scomodo per Osimhen») ma la radiografia della sconfitta è in quell’assenza quasi totale della rapidità di calcio e anche di pensiero. «E con la velocità bisogna aggiungere poi anche forza, più contrasto. Come si gestisce? Bene, ci si allena meglio del solito. Adesso dobbiamo ritrovare la nostra forma migliore». E ripartire dai codici mostrati nelle quindici partite precedenti: il palleggio, la autorevolezza, il carattere, quella dose di faccia tosta che è evaporata a San Siro: «Noi dovevamo essere più bravi a trovare i passaggi tra le linee e nella trequarti. Invece, abbiamo faticato a scavare lo spazio alle spalle dei centrocampisti. Forse, già questo, fossimo stati bravi, ci avrebbe aiutato. Bisognava creargli un po’ di disordine e invece davamo all’Inter la possibilità di piazzarsi. E a quel punto eravamo costretti all’uomo contro uomo. Ma ora ci si riallinea». Una notte non vale cinque mesi.

Fonte: CdS

 

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