«Il Napoli? È costruito a immagine e somiglianza del mio maestro Spalletti». Andrea Stramaccioni, classe 1976, ha commentato in Rai l’ultimo mondiale a Doha con Dario Di Gennaro, con tanto di raccolta firme per fargli fare la telecronaca anche della finalissima. Racconta Inter-Napoli, una di quelle partite che potrà dire se il campionato è chiuso nell’abisso azzurro o se c’è ancora vita sulla Terra.
Stramaccioni, la sosta per il mondiale può essere un fattore nella lotta per lo scudetto? «Sì, lo è. È una cosa unica che azzera i valori. Una sosta invernale fa bene a chi non sta bene e non al Napoli che invece aveva messo il turbo. Ma Spalletti saprà come ricominciare il cammino con il piede giusto».
Lo conosce da 25 anni. Come è lo Spalletti napoletano? «Mi ha colpito la bravura con cui ha gestito il finale della scorsa stagione in cui è finito senza spiegazioni sotto processo. Non ha badato a nulla, ha tirato dritto per la sua strada, ha gestito il ricambio generazionale, ha ricostruito la squadra che ha perso i campioni più amati dai tifosi quasi senza che nessuno se ne accorgesse. Creando un Napoli che colpisce per identità e livello delle prestazioni. Al di là degli interpreti in campo».
C’è una dote che più le piace del suo maestro Luciano? «La coerenza. I giocatori sanno con chi hanno a che fare. Lo sanno sempre. E alla squadra trasmette principi di gioco e comportamentali nitidi».
Ha commentato il Mondiale. A Napoli tutti sono sicuri che nonostante il Mondiale vinto Maradona è Maradona e Messi resta Messi. «Lo dite a me che, da romanista, avevo il poster di Diego in camera? Magari mio figlio di 8 anni non capisce, ma le emozioni che ha regalato al calcio Maradona non c’entrano nulla con quello che riesce a fare un grande campione come Messi».
Ma se dopo 22 anni finalmente vincesse una squadra non del Nord, sarebbe un bene per il nostro calcio?
«Certo. Guardando cosa successe dopo il Mondiale del 1986, c’è anche da sperare che succeda. L’alternanza dei successi può far tornare il nostro campionato a buoni livelli: Roma e Lazio avevano cose simile a questo Napoli».
Era sulla panchina dell’Inter quando Moratti iniziò a pensare alla cessione. La Juventus può pagare il prezzo dei problemi della società? «Quell’Inter era alla fine di due cicli: quello di Moratti e quello dei senatori del triplete. Qui alla Juve è una fine ciclo forzata. I processi, i problemi del club possono portare a due reazioni: o ti lasci deprimere o dai il massimo. Conoscendo Allegri, le questione extra-calcio produrranno solo effetti positivi. Poi, tornano galvanizzati dai Mondiali due stelle come Rabiot e Di Maria. Non è poco. Senza dimenticare che è ormai pronto Chiesa».
Che Inter-Napoli si aspetta tatticamente? «Un’Inter affamata che proverà a tenere alto il baricentro. Per il Napoli è un test emotivo importante: sono curioso di vedere la reazione dell’ambiente quando arriverà la prima frenata. È la gestione di quei momenti la chiave per lo scudetto».
Beh, dopo il ko nell’inutile amichevole con il Lille qualcuno ha pure fischiato? «Sono sconfitte che a uno come Spalletti danno una mano. Prenderà al volo l’assist della brutta prestazione per far lavorare al massimo la squadra in questi giorni. Forse, meglio aver perso queste amichevoli».
Dove si deciderà Inter-Napoli? «A centrocampo sarà una battaglia. Se il Napoli riesce a mettere la partita sui ritmi che piacciono a Lobotka, ovvero con aggressione e intensità, per l’Inter è dura. Se, al contrario, sarà l’Inter a riuscire a dettar legge, il baricentro del Napoli potrebbe abbassarsi. E a San Siro il Napoli deve stare più lontano possibile dalla propria area»
A chi proprio non farebbe a meno del Napoli? «Per una gara a San Siro mai a Osimhen. È l’uomo a cui non si può rinunciare mai, perché anche quando sei in sofferenza, consente al Napoli di essere costantemente pericoloso»
E per l’Inter? «Senza dubbio, Brozovic: inizia il gioco, dà qualità e personalità. Quando lui non c’era l’Inter non ha fatto bene».
Come vede Raspadori mezzala? «Una evoluzione intelligente: ed è nell’età di apprendimento ideale per adeguarsi a un nuovo ruolo. Come ha fatto Zielinski che quando arrivò a Udine da me era seconda punta…».
Fonte: Il Mattino