Marco Tardelli, ex campione del mondo, ha parlato oggi a La Gazzetta dello Sport, all’indomani della vittoria dei mondiali in Qatar da parte dell’Argentina.
«Non cominciamo con la storia del paragone Messi-Maradona, eh?».
Neanche adesso, neanche oggi che l’ha visto con quella coppa in mano?
«Neanche oggi, per due motivi. E uno non esclude l’altro. Uno: il Maradona che ho visto e affrontato è stato inarrivabile, come lo è stato Pelé. Due: ognuno è fuoriclasse del proprio tempo e Messi – se serviva – vincendo il Mondiale ha dimostrato definitivamente di esserlo, del suo. Ha fatto una grande cosa, è stato fantastico. Come è stato fantastico Mbappé».
Perché fantastico?
«Più che per quello che ha fatto in campo, perché l’ha fatto in fondo a un periodo particolare e nonostante una partenza shock, dopo quella sconfitta contro l’Arabia».
E perché periodo particolare?
«Beh, non è che con il Psg avesse fatto sempre benissimo, a parte l’ultimo periodo».
Aveva puntato tutto sulla preparazione a questo Mondiale?
«Magari è stato un pensiero inconscio, ma probabilmente c’è stato. Ma se lo ha fatto, lo ha fatto con cognizione di causa: perché il Mondiale lo ha vinto. Essendo anche un “altro” Messi».
In che senso?
«L’ho visto più leader. Un tempo stava più zitto, si arrabbiava poco e si lamentava anche meno. E’ uscito il cuore argentino: quello che in passato, soprattutto negli altri Mondiali, gli rimproveravano di non avere perché dal suo Paese era venuto via molto presto e dunque – si accusava – non poteva avere quell’anima. In Qatar ha dimostrato di averla. In questa Argentina ha messo tutto il suo cuore. E ha dimostrato di averne tanto».
Un cuore anche più libero dalla pressione dei paragoni con Maradona?
«Li hanno sempre fatti gli altri, lui no di sicuro. Anche perché, come dicevo, sono paragoni senza senso: troppo diverso il calcio che hanno giocato. Maradona aveva un avversario sempre appiccicato addosso, Messi può venire dietro a prendersi il pallone con una relativa tranquillità che Diego non ha mai avuto. E ai tempi di Diego, per essere espulso dovevi quasi “ammazzarlo”».
Eppure una volta lei ci riuscì…
«Era un’Argentina-Resto del mondo: non lo avevo ammazzato, ma lo avevo menato, tanto. Però Maradona lo fermavi solo così e ogni tanto penso a cosa sarebbe stato con gli allenamenti, le diete, gli psicologici di oggi».
Quindi secondo lei Messi non sentiva il peso di “dover” essere come Maradona?
«Sentiva il peso di dover vincere il Mondiale come lui, non di essere come lui. Era la sua ultima occasione, doveva portare questa Argentina lassù, esserne il capitano perfetto. E lo ha fatto».
Pensava di vederlo piangere di più, per la gioia?
«E’ un uomo, non è un bambino. E un uomo non pesa la gioia in lacrime».