Se l’aritmetica non è un’opinione, c’è un’altra vita intorno al Napoli, anzi dentro, perché quando il pallone ricomincerà a rotolare – e il cronometro a correre – mezza squadra (più o meno) sarà pronta per l’uso: ci sono stati tre mesi pieni di un calcio trasgressivo, anche osé, 41 punti in classifica, con tredici vittorie e due pareggi; una Champions League attraversata con il piglio da protagonista e una sconfitta – una sola – maturata all’85; e un turnover sempre vivo però governato con cura e la necessaria moderazione suggerita dal tempo vissuto. Il Napoli che verrà ha un proprio mercato interno nel quale andare ad attingere, cinque uomini fatti e finiti – o da definire – che sono stati rimasti inghiottiti, ognuno per sé, negli intrighi di una stagione pure perfida: ma il peggio è passato, il «praticantato» è stato ultimato e l’infermeria sembra confinata lontana persino dai pensieri.
DEMME: 20 ’ – Venti minuti rappresentano un’ossessione rinchiuse in tre presenze che sanno di nulla: Diego Demme si è ritrovato ai margini del Napoli non solo per l’autorevole esplosione di Lobotka, ma per esseri imbattuto – il 19 agosto – in un tackle rovinoso del destino e in una frattura del cuboide del piede sinistro. Rientrare è stato faticoso, e doloroso, e Demme ha potuto guastarsi cinque panchine in campionato e la Champions dalla tribuna. Il 4 gennaio si avvicina, il mercato chiama però a Demme il Napoli ha spiegato che avrebbe piacere di ritrovarselo al proprio fianco, perché i prossimi sei mesi saranno pieni di appuntamenti e di occasioni.
GAETANO: 59 ’ – Gianluca Gaetano sta «studiando» fianco a fianco con i suoi idoli e l’enfant prodige ha scoperto una dimensione insospettabile, che Spalletti sembra volergli riservare: «Tutti lo hanno fatto giocare un po’ più avanti, ma se avesse la possibilità di fare esperienza nel ruolo, Gaetano potrebbe diventare un grandissimo regista». La Turchia è stata utile per verificarlo dinnanzi alla difesa nel centrocampo a due, però intanto aver annusato la Champions (con Ajax e Glasgow) ha dato un senso a quest’ora in maglia azzurra.
NDOMBELE: 737 ’ – L’ultimo colpo del mercato (estivo) è entrato nel Napoli in punta di piede, ha ritrovato la condizione con gradualità, poi ha lasciato esplodere la propria fisicità e adesso sembra pronto per fare tutto ciò che Spalletti gli chiede, il mediano, la mezzala, persino il trequartista, dipende dal modulo e dalle esigenze. Ndombele è, suo malgrado, mister 62 milioni di euro, la cifra che tre anni fa il Tottenham ha dovuto girare a Lione per averlo; il Napoli si tuffato in questo vuoto insospettabile, l’ha preso in prestito per 500 mila euro. Un affare a prescindere, si direbbe. Però Spalletti l’aspetta, perché quando il gioco si fa duro.
OLIVERA: 988 ’ – Il sospetto che le gerarchie stiano cambiando sta nelle statistiche e l’esterno part-time d’inizio stagione ha cominciato ad insediarsi più stabilmente sulla fascia sinistra da Amsterdam in poi: sei maglie da titolare su undici, cinque partite per intero, un gol a Cremona, da aggiungere ai due assist in Champions. L’11 luglio, in Uruguay-Panama, il ginocchio sinistro fece piangere Olivera, che dal Mondiale torna per rilanciarsi completamente.
SIMEONE 386 ’ – Non chiedetegli se sia felice, nonostante i 386′ giocati: provate a cogliere la risposta nei suoi sguardi, nelle sue parole, in quella positività che è diventato un mantra dello spogliatoio. Come il cholito non c’è (quasi) praticamente nessuno, con sei gol (quattro in Champions e due in campionato) pesanti come l’oro o forse no, di platino: perché a Milano la svolta arrivò con la sua torsione e a Cremona la indirizzò sempre lui. Mica può sentirsi un uomo di scorta, un bomber del genere?
Fonte: CdS