Era difficile per tutti, ma per lei di più. Quando tornò a casa, dopo i tre giorni di Montreux che sconvolsero il calcio, Evelina Christillin fece una tappa particolare: «Ero molto provata e andai a piangere sulla tomba dei miei genitori. È stata una delle peggiori esperienze della mia vita: è stato drammatico, non sto esagerando. Dopo aver passato una vita al fianco della famiglia Agnelli, e con il senso di profonda gratitudine che provo in particolare per l’Avvocato Gianni e suo fratello Umberto, mi sono trovata in una situazione molto difficile. Io sono una grande tifosa juventina, ma il progetto della Superlega era un grave errore». Evelina Christillin è a Doha per seguire la fase finale del Mondiale e per partecipare ad alcune importanti riunioni. Oltre a essere da sempre amica della famiglia Agnelli e tifosa bianconera, dal 14 settembre 2016 è membro Uefa nel consiglio Fifa. Si può solo immaginare lo sconquasso interiore nella notte del famoso comunicato di nascita della Superlega e anche nei giorni seguenti. I recenti sviluppi impongono un’analisi della situazione attuale e anche il ricordo di quei momenti così difficili.
Signora Christillin, qual è il suo primo pensiero oggi?«Mi sembra sia stata pronunciata la parola fine. Alla base del ricorso c’era il teorico abuso di posizione dominante da parte di Uefa e Fifa e adesso è chiaro che così non è. La Superlega era nata male. Tutte le istituzioni politiche e sportive si sono schierate dalla parte dell’Uefa, ma sono stati soprattutto i tifosi con la loro immediata protesta a prendere una posizione netta e inequivocabile. I club fondatori della Superlega non avevano tenuto in considerazione proprio loro, i tifosi. Cioè le persone a cui il calcio si rivolge e che non hanno alcun interesse se non il rapporto viscerale con la loro squadra».
L’Uefa nel comunicato di ieri sottolinea soprattutto il suo ruolo centrale nella protezione dello sport. «Ed è il messaggio più importante, anche perché ci sono tanti progetti che esulano dalle grandi competizioni e che si rivolgono ad esempio ai giovani e all’espansione del calcio femminile. L’obiettivo dell’Uefa è coinvolgere più gente possibile, non meno. L’Uefa è inclusiva».
I rapporti dell’Uefa con i club fondatori potranno tornare normali? «Penso proprio di sì. Non ci sono preclusioni da parte dell’Uefa. La Juve, intanto, ha già cambiato il management. A Parigi, in occasione della finale di Champions del 2022, il presidente del Real Perez era seduto accanto al presidente dell’Uefa Ceferin. I club adesso sanno che si tratta semplicemente di fare una scelta. Ci sono articoli precisi nello statuto dell’Uefa a cui bisogna attenersi. Ma nessuno ha il coltello tra i denti, nessuno vuole vendette, si guarda avanti per fare il bene del calcio».
Il fatto che l’Uefa continui a ripensare il format della Champions dimostra che c’è anche attenzione alle richieste dei club. «Esatto, il punto è proprio questo. L’Uefa non vuole restare ferma, è sempre disponibile a rimettersi in gioco per il bene del calcio e per la soddisfazione dei tifosi che restano il primo pensiero. La Superlega era soprattutto una manovra economica che avrebbe consentito ai club fondatori di ripianare i loro ingenti debiti. La mancata condivisione del loro progetto fu il primo errore, seguito poi da tutti gli altri».
Ritorniamo a quei tre giorni di Montreux. Quando uscirono i primi spifferi, lei come reagì? «Inizialmente non ci avevo creduto. Era una storia strana, avevo sentito Andrea Agnelli il giorno prima, spesso arrivavo alle riunioni in macchina con lui. Fu tutto surreale. La voce girava, ma furono molto bravi a tenere tutto nascosto».
Poi arrivò il comunicato di mezzanotte. «E crollò il mondo. Il mio mondo, visti i rapporti con la famiglia Agnelli e il ruolo che ho nell’Uefa. Ogni dieci minuti cambiava lo scenario, non si capiva cosa stesse accadendo. Ci sono state riunioni continue per ventiquattro ore, sembrava un attacco micidiale al sistema».
La reazione non si fece attendere. «Già nella notte arrivarono le telefonate di Macron e Johnson. Il giorno dopo anche Draghi rilasciò una dichiarazione. L’idea di fondare la Superlega era sbagliata, lo dico chiaramente e senza alcun dubbio. Dentro di me la ragione ebbe subito la meglio sul cuore. Sono rimasta fedele all’Uefa perché penso che il calcio debba essere di tutti. Il progetto della Superlega si sgretolò in fretta perché aveva completamente ignorato la parte più importante del calcio: i tifosi, quelli che amano i loro campionati, che spendono soldi e tempo per le squadre e le partite, che sono animati da grande e sincera passione. La protesta della gente fece capire quanto grosso fosse stato l’errore. E nove club si tirarono indietro subito».
Si è sentita tradita alla luce del suo rapporto con Andrea Agnelli? «Tradita no, però avevo il cuore diviso a metà. Non avrei potuto comportarmi diversamente da come ho fatto, è stata la decisione giusta. Ma questo non cambia nulla per quanto riguarda il mio affetto e la mia gratitudine per la famiglia Agnelli e il tifo per la Juve: la società e la squadra si riprenderanno rapidamente. Sa come diciamo noi in questi casi, vero? Fino alla fine».
Fonte: Gasport