Perché il Marocco non è una sorpresa? «Sono stato là nel 2019, invitato dal segretario generale della federcalcio, Tarik Najem, a tenere una conferenza per gli allenatori presso il centro federale dell’Accademia Mohammed VI a Salé. Una struttura all’avanguardia, con un’area medica riconosciuta come centro d’eccellenza dalla Fifa. Capii che c’era un’importante base e che presto il Marocco avrebbe raggiunto elevati livelli. Quei tecnici avevano voglia di conoscere la metodologia di lavoro di una grande scuola come la nostra per poterli mettere in pratica nelle loro squadre. D’altra parte, l’attuale ct Regragui ha vinto la Champions africana con il Wydad Casablanca prima di accettare la guida della nazionale, a conferma del grado di preparazione».
C’è solo la qualità dietro ai risultati? «No, anche un’organizzazione federale molto efficiente, come dimostra il centro tecnico che nulla ha da invidiare a quelli europei. Sbagliamo se immaginiamo che quei Paesi siano arretrati: il calcio come la vita corre e il Marocco ne è una prova. Poi vi sono fattori extra tecnici, come lo spirito di corpo che ha saputo creare Regragui nello spogliatoio. C’è una chimica speciale grazie alla presenza in panchina di un marocchino, che ha sostituito lo slavo Halilhodzic, esonerato nonostante avesse centrato la qualificazione al Mondiale. Questo è il tecnico che aveva subito la stessa sorte in Algeria e Giappone e che aveva escluso dal Marocco un fuoriclasse del Chelsea come Ziyech con cui aveva cattivi rapporti».
C’è, dunque, una forza morale oltre che tecnica. «Sì. Il Marocco è una squadra particolare, con 14 giocatori su 26 che non sono nati in questo Paese. Figli di immigrati, sono rimasti fedeli alle loro origini e hanno scelto di indossare questa maglia. Hanno potuto reciprocamente scambiarsi informazioni grazie alle esperienze maturate in altri Paesi e vi è stata complessivamente una crescita culturale».
Il Marocco può arrivare alla finale? «Il percorso di una squadra lo decidono la forza mentale, la qualità e anche un pizzico di fortuna: e quella di Regragui ha tutto».
Il Mattino