Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano, scrive sulle colonne de La Stampa, in merito ai Mondiali appena cominciati.
“Mentirei, se dicessi sdegnosamente che non lo guarderò. […] mi appresto ad affrontare il Mondiale più triste della mia storia personale di appassionato di football. Devo onestamente ammettere […] che incide (e parecchio) l’assenza degli azzurri di Mancini […]. Altro fastidio da tifoso è questa sosta invernale, che rischia di rendere illeggibile un’intera stagione. Il Mondiale non è affatto uguale per tutti, ci sono squadre che regalano una dozzina di calciatori alle cause nazionali e altre che restano integre, e non è giusto. Così come non sarà giusta la disparità di condizione tra chi resta e chi parte, senza considerare la concreta ipotesi di infortuni più o meno seri derivanti dall’inevitabile shock climatico. Collateralmente, a generare fastidio c’è la clamorosa discrasia tra una manifestazione che dovrebbe essere il trionfo della fratellanza e della tolleranza tra ogni forma di diversità e un Paese che ha invece nel codice penale il trionfo dell’intolleranza e della condanna della diversità. […] E vogliamo parlare di Infantino? Le sue dichiarazioni […] farebbero piangere se non facessero ridere. Oggi è l’uomo che ha dimostrato al mondo una dolorosa verità, che tutti sapevano ma che si teneva nascosta dietro la foglia di fico dello sport: il calcio è in vendita. […]”.