Gli amici a questo servono, a stare in compagnia. Dici Osimhen e però pensi a Kvaratskhelia, ma senza ignorare Lozano, né dimenticando Politano, che nei tagli e nelle diagonali trascina con sé Raspadori o anche Simeone. Nella spensieratezza d’un college di disinvolti bomber, c’è spazio per la fantasia e per il cinismo. Le categorie dell’anima d’un mestiere – il bomber – che il Napoli esalta a modo suo, sempre e comunque. Campo stretto o nelle praterie che crea dinnanzi a sé. È un calcio verticale o semplicemente trasgressivo, assai osé, sembra fantasy oppure sexy: è squisitamente spettacolare e, a volte, si accontenta di poco.
Giovanni Simeone, in arte il cholito, sarebbe il vice del vice di Osimhen e in realtà è quello che fa più male. Sei gol in trecentottantasei minuti, altro che istinto del killer, e ogni volta una spallata a una partita indirizzata secondo un copione sempre diverso. A San Siro, contro il Milan, di testa in torsione. A Cremona, con lo stacco, lui piccolino, tra i giganti. E con il Liverpool, per festeggiare il proprio esordio in Champion, con la chiusura sul traversone di Kvara, eseguendo da avvoltoio.
Giacomo Raspadori non se ne è stato all’ombra di Osi, anzi: si è preso la scena, e l’ha illuminata di suo, proprio quando il nigeriano è stato costretto a farsi da parte, è entrato di prepotenza, ha cavalcato il momento che gli ha offerto un mese da mille e una notte. La sera in cui toccò a lui, in Scozia, al 13′ aveva già segnato: era reduce dalla zampata contro lo Spezia al Maradona, si era portato un po’ di lavoro avanti segnando aspettando la Nazionale – rete all’Inghilterra al «Meazza» e poi all’Ungheria alla Puskas Arena – e poi riempì l’album personalissimo scatenandosi ad Amsterdam, Crujiff Arena, perché non bisogna farsi mancare niente.
Fonte: CdS