Quindici giornate non sono uno scherzo. Sono un trimestre pieno, poco meno della metà della stagione e anche se stiamo vivendo la più strana e insopportabile di sempre – Fifa e Qatar li giudicherà solo la storia, purtroppo -, ciò che abbiamo visto fin qui ha un alto grado di attendibilità.
10 (inevitabile) al Napoli che si è spinto molto più in là del previsto. Lo merita per quell’11 alla voce “vittorie consecutive” e per la qualità del gioco – strepitoso anche il percorso in Champions. Abbiamo finalmente recuperato il Maradona pieno di gente, uno spettacolo (dell’anima) senza pari.
Ieri ho letto con attenzione le pagelle dedicate di Antonio Giordano e concordo su tutto. O quasi: in effetti avrei alzato i voti a Lobotka e Kim, per caratteristiche e valore relativo, gli unici realmente insostituibili sul breve, medio e lungo termine. Kvara è l’impressione di settembre e ottobre, il rendimento di Mario Rui, Anguissa, Zielinski e Di Lorenzo una delle chiavi della trasformazione della squadra. Ripeto dagli anni di Udine che Spalletti è uno degli allenatori più preparati d’Europa. A volte non capisco la sua lingua, ma è un dettaglio: resta lui al centro di questa magnifica realtà. Le soluzioni Raspadori, Elmas e Simeone, un’invidiabile esclusiva.
7,5 alla Lazio e a Sarri, indipendentemente dalla partita di Torino. Maurizio ha dovuto fare spesso a meno del miglior attaccante italiano (all’Allianz anche di Zaccagni e Lazzari): pertanto ha cambiato i contenuti tattici della squadra dribblando i luoghi comuni sul giochismo. Adoro il suo rifarsi continuamente ai princìpi originari del calcio, in fondo è moderno e unico proprio perché antico. La crescita di Milinkovic, Romagnoli, Zaccagni e Felipe i frutti più evidenti del suo lavoro.
7 a Thiago Motta, subentrato a Mihajlovic. Continuo a pensare che Sinisa avrebbe oggi una classifica simile e che la società abbia sbagliato a mandarlo via «perché non ha valorizzato i giocatori di qualità» (l’ammissione di un dirigente, mah). Motta sta lavorando bene: ha impiegato poche settimane per capire la squadra e darle un’identità, ha ottime idee e personalità. Gli spigoli caratteriali e la presunzione sono un’efficace protezione. Avrei aggiunto mezzo voto se la scorsa stagione, a Spezia, non avesse azzerato un attaccante come Nzola, quest’anno al settimo gol in 15 partite.
7 anche al Monza. Una campagna acquisti in stile Galliani reset – ogni categoria ha le sue priorità e necessità tecniche -. Recuperati i giocatori migliori, la squadra ha trovato gli equilibri e i punti che inseguiva. Molto interessante il lavoro di Raffaele Palladino, cresciuto nel calcio di Gasperini e Juric ma in grado di aggiungere del suo.
7 al Milan e 6,5 all’Inter. Pioli e Inzaghi hanno organici da – minimo – 36 punti, troppo spesso le loro squadre sono sembrate ansiose di fare. Tuttavia in alcune occasioni hanno entrambe prodotto un buon calcio. Più ondivaga l’Inter, a meno 11 dal Napoli, più determinato e continuo il Milan che artiglia successi e punti nei minuti finali.
E 7 al Lecce. Molto rinnovato, gioca un calcio di notevole sostanza e coraggio riducendo al minimo l’improvvisazione.
6 a Roma e Juve, ma 7,5 a Mourinho (27 punti, 17 pienoni all’Olimpico e il sostegno dei tifosi) e Allegri. Hanno lavorato senza il mercato estivo, raschiando spesso il fondo del barile. Non hanno prodotto un calcio godibile, ma sono rimasti nella scia dei primi autorizzando pensieri positivi per la ripresa. La prova della Roma col Toro ha confermato quello che sapevamo: è bastato il rientro di Dybala dopo 35 giorni per dare un senso compiuto alla fase offensiva: ha fatto più lui al 30% in venti minuti che gli altri al cento (…) in 6 partite.
Sempre a proposito di Mou, conservo il messaggio inviatomi sabato da un calciatore straniero ex Lazio sul caso Karsdorp: «Se l’atteggiamento è pubblico (giocatore), pubblicamente si può difendere l’intenzione di calcio (allenatore) e la posizione e l’immagine del club».
6,5 all’Atalanta: «Noi non dobbiamo puntare allo scudetto» la spiegazione di Gasperini in piena ricostruzione: «io ho il dovere di valorizzare i giocatori che ho a disposizione». E lo sta facendo benissimo.
Identico voto lo merita l’Udinese di Sottil: partenza lanciatissima, poi il fisiologico ridimensionamento. Più nei risultati che nelle prestazioni. Un ottimo mix di forza e qualità (Deulofeu, Samardzic, Pereyra).
6,5 anche alla Fiorentina. Italiano, sfigatissimo e un po’ confuso all’inizio, si è rifatto nell’ultimo mese e mezzo. Nel preciso momento in cui ha prodotto la sintesi, ha presentato una squadra credibile. Tanta produzione offensiva, ma scarsa produttività. Continuare a rimpiangere Torreira è un esercizio poco intelligente.
Stesso voto per Zanetti: a Empoli sanno fare calcio, scegliendo bene tanto i giocatori quanto gli allenatori. La scuola Corsi è di primo livello, un presidente competente e furbescamente umile.
6,5 alla Salernitana. A Reggio Emilia Nicola rischiò il posto – eccellente il mercato, altissime le ambizioni di Iervolino -, si è subito ripreso e ha fatto corrispondere i risultati alla qualità della squadra. A Monza, però, un’altra pesante sconfitta che può portare stravolgimenti.
6+ al Toro. Juric ha un potenziale offensivo non in linea con le aspettative, si affida pertanto ai gol dei centrocampisti. Niente male Vlasic e Radonjic, non ancora al massimo Singo.
6,5 allo Spezia e 5 al Sassuolo. Non potevo aspettarmi di più dalla squadra di Gotti. Il Sassuolo è cambiato tanto e Dionisi, al quale è mancato a lungo Berardi, è alle prese con nuove difficoltà.
4 a Verona e Samp. Squadre non all’altezza, due teste sono cadute e dai sostituti nessun risultato apprezzabile. Nei prossimi due mesi le propri età dovranno riflettere – se ne avranno la possibilità, penso soprattutto alla Doria – sul futuro non solo tecnico. Diverso è il discorso della Cremonese (il voto è 4,5 ), ha una società strutturata, un’apprezzabile consapevolezza di sé e tenta qualcosa di diverso.
0 all’Associazione Arbitri, l’Aia. Il caso D’Onofrio comporta un mostruoso danno d’immagine per l’intera categoria: sgomenta sapere che Rosario D’Onofrio, il procuratore capo degli arbitri, cioè il magistrato dei giudici del calcio, sia un presunto trafficante di droga. E stupisce che sia stato nominato a un incarico così delicato dopo essere stato quattro mesi ai domiciliari e condannato in primo grado per un reato di questa gravità. L’Aia si difende sostenendo di essere stata ingannata, poiché all’atto della nomina D’Onofrio aveva dichiarato di non avere alcuna pendenza penale. Di più, dicono i vertici degli arbitri, non avremmo potuto sapere, non disponendo di poteri istruttori. C’è da chiedersi però se oltre ai poteri istruttori sia mancato anche il dovuto discernimento. Poiché Rambo, questo il soprannome di D’Onofrio, non è un magistrato, né un giurista, né un arbitro con un passato glorioso, ma un militare sospeso dal servizio per aver dichiarato una laurea inesistente. Se è questo il metodo per selezionare i ruoli di responsabilità c’è da mettersi le mani nei capelli.
Fonte: CdS