W. Sabatini: «Che capolavoro il mio Luciano, il Napoli è strafavorito per lo scudetto»

Il dirigente sportivo parla di Spalletti spesso snobbato dalla stampa
Walter Sabatini è il re dei direttori sportivi. Ma è anche legato a Luciano Spalletti da un vincolo speciale, da una amicizia silenziosa fatta di telefonate brevi sennò tutti e due poi ci rompiamo le scatole. In lui convivono intuito, esperienza, sensazioni e non solo calcolo statistico.
Direttore Sabatini, quanto è bello il Napoli di Luciano Spalletti?«È un’orchestra sincronica praticamente perfetta. Dove tutti fanno i movimenti che devono fare in ogni parte del campo. È un gioco affascinante, con i protagonisti che hanno sempre il temperamento giusto, non accettano la sconfitta e poi piazzano dei diretti come quelli di Bergamo. Ma mica è facile andare sotto in casa dell’Atalanta e poi ribaltarla? Io credo che questo Napoli sia una meraviglia irripetibile e unica».
La lotta per lo scudetto è lunga?«Certo che lo è. Lunghissima. E ora arriva la sosta che per tutti è qualcosa di imperscrutabile. Ma mica pensate che Luciano sia uno che si faccia rubare la merendina sotto al naso? Quello le cose sue le tiene belle strette».
Cosa farà in questo periodo? «Andrà nella sua campagna col trattore a fare il pieno dei prodotti della sua terra. Lui è un uomo tenace, ama il calcio e ama la sua squadra più di ogni altra cosa. I napoletani se lo godano fino in fondo, quei mugugni che ho sentito in altri tempi sono stati un’offesa per il calcio. La sua squadra ha riempito d’orgoglio l’Italia con quella prestazioni in Champions con Ajax e Liverpool: qua non ci troviamo davanti solo a un fenomeno meridionale, qui c’è il capolavoro di un calcio moderno che ha incantato l’Europa come non avveniva da anni».
Nota anche lei che si arrabbia di meno? «Verissimo. È più gioioso, meno incline a rabbuiarsi. Prima lo faceva anche senza motivo. Ma io lo so perché: è meno stressato, si rende conto di avere un gruppo che lo ha capito alla perfezione. E questo lo rende chiaramente più sereno».
Eppure ha cambiato tanti uomini questa estate. «La squadra ha capito ogni cosa di quello che vuole lui. Mica è semplice riuscirci, anzi è una cosa di una complicazione unica. I dettami del suo calcio liquido sono nel dna degli azzurri, la voglia di assecondare il volere del proprio tecnico, la ricerca costante di una superiorità numerica in ogni parte del terreno di gioco. Io vedo il Napoli che va a vincere il campionato, in maniera imprevista e imprevedibile. E lo dico non per affetto, ma perché vedo il calcio da studioso, in maniera analitica».
Imprevista e imprevedibile per via della rivoluzione estiva? «Ma certo, i calciatori sparivano da un giorno all’altro e Luciano non si è mai disperato. Sono andati via dei vessilli del calcio napoletano, Insigne, Mertens e Koulibaly e tutti insieme. E il piano di reintegro era solo nella testa di De Laurentiis e pochi altri. Qualcosa di geniale».
Hanno scovato campioni in giro per l’Europa.«Kim non è inferiore a Koulibaly. Anzi è persino più cattivo e prepotente. E prendete Kvara: lo ammetto, per colpa di Giuntoli ho riscoperto l’invidia. Quando vedo che altri fanno le cose meglio di me, non posso che essere invidioso. Come lo hanno scoperto? Ecco, l’invidia non è un sentimento torbido, brutto ma è solo di ordine professionale. Ma c’è un altro colpo di magia che mi ha colpito».
Quale? «Il rilancio di Meret. Un’altra strategia eccellente».
Cosa le è piaciuto di più della vittoria in casa dell’Atalanta? «Il Napoli si è chiaramente impossessato di un sentimento: ha capito di essere forte. Basta vedere come comunicano anche in maniera tacita in campo, il mutuo soccorso che regge ogni cosa, la capacità di fare a meno di questo o quello senza risentirne. Siamo davanti a una autentica meraviglia».
Lo vede felice? «Felicissimo. Ma lo è dal primo secondo in cui ha accettato il Napoli. Ero con lui a pranzo quel giorno che decise, era perseguitato dai dubbi… vado o non vado… poi ha accettato. In quel preciso momento è diventato uno dei tifosi del Napoli, ha imparato quella canzone sarò con te e tu non devi mollare che poi ha fatto stampare pure sulle pettorine. Nel momento stesso in cui ha deciso di andare al Napoli, il Napoli gli è entrato nelle viscere e non si è posto limiti a nulla. E si vede in ogni cosa che fa».
Diverso in qualcosa rispetto al suo Luciano? «No, è sempre lo stesso pazzo furioso. Ma la follia è la sua forza. Lui non può e non deve diventare un riflettivo silente, deve essere un funambolo, trasmettere se stesso al gruppo. Il risultato? Io sono uno che se c’è il Napoli che gioca non me lo perdo neppure se gioca il Manchester City o il Bayern o il Paris St. Germain».
Non è che nella sua carriera Spalletti è stato sottovalutato? «Peggio ancora: è stato snobbato. Hanno trasformato suoi risultati straordinari in cose normali. Come quando la sua Roma conquistò 87 punti con De Rossi e Pizzarro, Taddei all’esterno e Totti prima punta che vinse la Scarpa d’Oro. Non riesco a capire perché Mourinho abbia sempre tutto questo credito e lui no».
Lui dice anche perché ha poco tempo da dedicare alle pubbliche relazioni? «Non è che si diventa eroi dettando le Ultime lettere di Jacopo Ortis al telefono. Lui sa che è andata così e in fondo neppure se ne importa».
Gli dia qualche suggerimento. «No, lo do all’ambiente del Napoli: lasciatelo in pace, non fatelo innervosire. Lui ha attenzione verso chi deve avere attenzione, ovvero i calciatori e la società. De Laurentiis pure mi pare che abbia capito, non mi pare si veda e si senta tanto. D’altronde, fa bene: può dopo 32 anni vincere uno scudetto e non con Maradona in campo ma con un georgiano, un coreano, un nigeriano…».
Non è che c’è il pericolo di fare la fine del suo personaggio preferito, il colonnello Aureliano Buendia di Cent’anni di Solitudine che promosse 32 sollevazioni armate e le perse tutte? «Quello che lo attende non sono delle rivolte, ma una vera battaglia, dura da combattere e dura da vincere. Ma lui non è il favorito, è strafavorito. Qualche imboscata pure la deve temere, ma è il Napoli che è davanti a tutti nella lotta per lo scudetto. E non è mica una castroneria la mia. Anche se so già cosa mi scriverà appena legge questa cosa: Ah bischero con almeno dieci lettere o e altrettanti punti esclamativi».
Parlava di imboscate. «Interne. Appena perdi sul serio, e non dico come a Liverpool, qualche meccanismo potrebbe incepparsi. Parlo di equilibri interni, di qualche inceppo mentale che può scattare all’improvviso. Luciano sa che succederà e già avrà l’antidoto».
La vostra è sempre un’amicizia silenziosa? «Tutte le mie amicizie sono fatte di telefonate brevi e con poche parole. Infatti, anche questa chiacchierata è pure durata troppo…».

Fonte: Il Mattino

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