O CIECHI O CRETINI (o entrambe le cose) Ci sarà una ragione se un monumento del pallone come Giggirriva, pronunciato con accento sardo sardo (al quale farò gli auguri con un mio pezzo), s’è stufato di questo calcio tu la dai a me, io a te, fino alla ricerca di un pertugio senza luce. Le recerche, ah Proust! Ci sarà una ragione se rimpiango le mie tribune stampa senza microfonati e vedo in tv le partite senza audio e passo e chiudo prima che Tizio che perde netto dica: non meritavamo; che Caio maledica l’arbitraggio, che Sempronio protesti per un paio di secondi presunti d’anticipo sul trillo a tre. E poi, analisi, commenti, discussioni, diatribe, tartagliamenti, minigonne, petti in fuori, sorrisi molto spesso ebetini, qualche solecismo. Tutto così stocastico. Dunque, signor Gasperini, lei è un ottimo allenatore con guizzi di genialità. Non è certo un mister simpatia ma non le difettano intelligenza e conoscenze. E però ama vestire il tronco del salice piangente. Lei ha asserito – ma ne era proprio convinto? – che la sua dea non avrebbe meritato di perdere al cospetto del ciuccio. Ma come si fa? Mi consenta (e vabbè m’è scappata), ma che partita ha visto dall’area tecnica? Se permette, gliela riassumo. Premetto che la sua dea resta una gran bella compagine e che in avvio ha tenuto sulla corda il ciuccio. Le ricordo che sfruttando quel folletto di Lookman la sua dea è passata meritatamente in vantaggio e che il ciuccio di questi tempi ha ragliato un sonoro me ne frego ed ha capovolto e travolto risultato e speranze orobiche da grande squadra qual è, anche con un pizzico di buona sorte leggi legno come a Milano (traversa di Kalulu). Il ciuccio ha dominato, anzi ha confuso la sua dea (decine e decine di passaggi avventati, fuori misura) che s’è smarrita nella nudità del peplo caduto ai suoi piedi.
Adolfo Mollichelli