Giovanni Aiello, tuttofare di Diego: “Due suoi elementi? La bontà e l’umiltà”

Giovanni Aiello, tuttofare di Diego nei suoi anni a Napoli e anche oltre ha raccolti le sue memorie col Pibe in un libro “Come in un sogno” (Newmedia, pagg. 120, euro 10).

Giovanni Aiello, napoletano di Posillipo, collaboratore tuttofare vicinissimo al Capitano, dai primi allenamenti a Soccavo nell’84 al viaggio di sola andata in Argentina dopo la squalifica per doping nel 91. Ha lavorato per Diego, la sua famiglia e i suoi manager prima nell’ufficio di via Petrarca e poi in quello di via Capece. E oggi, a quasi due anni dalla sua scomparsa, vuole ricordare due elementi dell’uomo che fece impazzire di felicità Napoli: «L’umiltà e la bontà». Non le amicizie sbagliate, le notti senza fine. Anzi, di queste ne cita un paio, innocenti trasgressioni. La festa al Virgilio di Posillipo il 10 maggio 87, con Diego che non voleva uscire di casa perché assalito dalla malinconia pur essendo in quel momento, dopo la conquista dello scudetto, il padrone della città. E il richiamo che una donna fece al Capitano perché cantava a squarciagola all’alba in una strada di Chiaia. «Signora, ma io sono Maradona». E la donna felice: «E allora continua a canta’».
Dopo il primo incontro in un albergo del Lungomare, quando a Giovanni venne affidato dall’agente Jorge Cyterszpiler il compito di assistente cineoperatore nella Maradona Production, il ragazzo di Posillipo vide «il Castel dell’Ovo più grande e il mare più lucente». Immaginava le successive emozioni che avrebbe vissuto al fianco di Diego, condividendone le sane follie. Come quella volta che fu spedito in Spagna, dove giocava Hugo Maradona, perché prendesse una fascia da capitano da indossare prima della finale di Coppa Uefa 89 a Stoccarda. O quando venne organizzato un ponte aereo dalla Germania a Cremona, via Napoli, per portare a Maradona un paio di scarpette antighiaccio. E poi il puntuale acquisto dell’almanacco del calcio a inizio dicembre per copiare i nomi di tutti i presidenti, gli allenatori e i calciatori dalla serie A alla serie C a cui spedire gli auguri natalizi. E come dimenticare quella domenica di fine maggio a Udine, prima della sfida contro Zico? Marchesi, l’allenatore, lo cercava in ogni angolo dell’hotel. Sparito. O almeno finché Aiello, che seguiva il Napoli anche in trasferta, non aprì le porte dell’ascensore e trovò Diego che dormiva seduto per terra nella cabina, distrutto dalla stanchezza per un volo transoceanico. Lo svegliò e lo condusse al pullman. E Maradona fece un gol con la mano, non ancora quella de Dios.
Giovanni ha amato Diego e la sua famiglia. Ma non nasconde, l’amico fidato, «quei mostri» contro cui il campione combatteva. «Ruotare intorno a Maradona significava andare sulle montagne russe. I momenti bui si alternavano a momenti di gioia pura, viscerale, da bambino». Giovanni c’era quella mattina di novembre del 90 quando il capitano non riuscì a entrare in connessione col mondo, strafatto dalla cocaina, e non salì sul volo della squadra in partenza per Mosca, dove si sarebbe giocata la partita di Coppa dei Campioni. Partirono dopo, su un aereo privato, con Claudia che consegnò al pilota un assegno da 30 milioni di lire ai piedi della scaletta altrimenti la comitiva sarebbe rimasta sulla pista di Capodichino. Ad Aiello restano i ricordi, quelli belli, e il prezioso regalo della fascia da capitano che Maradona aveva al braccio il 3 novembre dell’85, quando segnò quel magico gol alla Juve.
Il Mattino
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