«Abbiamo vinto una partita che volevamo giocare proprio così», firmato Luciano Spalletti. Una squadra che avesse le ampiezze giuste, che per un’ora circa occupasse le linee, che poggiasse su due mediani e liberasse Zielinski dalle coperture basse, che andasse al di là dell’ultimo difensore o che puntasse dritto al cuore dell’area. I numeri che non mentono (quasi) mai gli hanno garantito la pennichella di Meret e l’ansia per Rui Patricio in cinque o anche sei circostanze, partendo dal 26esimo secondo, la palla strappata da Karsdorp a Kvara; ritrovandosi con quel rigore-non rigore che pure appartiene ad un football danzato; e poi: la rasoiata di Lozano, la ciabattata di Juan Jesus; la chanche cosmica di Osimhen finita al di là del palo, proprio prima del graffio sulla cute e sul campionato. Perché certe notti…Il Napoli può sedersi al tavolo dei Giganti d’Europa, punti che valgono poco meno di un’unghia rispetto a ciò che hanno fatto il Psg e il Real Madrid, ma in questo bimestre, nel tritatutto, vanno inseriti anche il Liverpool e i Rangers e l’Ajax, il dodici su dodici in Champions League. Un dominio assoluto che varca i confini, che impone riflessioni sulla natura di una squadra che sa di Spalletti, della sua inesauribile fantasia, delle sue trasformazioni in corsa, del suo coraggio nelle scelte, delle sue opzioni preferite, dei suoi ritocchi.
Fonte: CdS