Quando arriva alla Roma per la prima volta, Luciano Spalletti è un allenatore in rampa di lancio che ha mostrato un gioco di qualità valorizzando tanti giocatori: farà lo stesso nella prima e seconda Roma che guiderà, portando la squadra giallorossa a competere per lo scudetto e vincendo qualche trofeo, che non fa mai male al curriculum. Vive di grandi intuizioni la carriera di Spalletti: al Napoli è Lobotka, alla Roma è Totti centravanti a spese di Montella e, dopo l’infortunio del 10 giallorosso, Perrotta trequartista. Soprattutto, però, la carriera di Spalletti vive di un rapporto controverso con lo spogliatoio: all’inizio è amico dei giocatori della Roma, esce con loro a cena ed è fondamentale per incoraggiare Totti a non rinunciare al sogno Mondiale dopo l’infortunio alla caviglia; poi, però, quando torna è un uomo diverso, distaccato, che subito si scaglia contro il capitano della Roma accusandolo di aver spalleggiato il suo esonero andando a prendere Ranieri, suo successore dopo la prima avventura giallorossa. Eppure, anche la seconda Roma di Spalletti rinasce grazie alle sue intuizioni, alla sua innata capacità di rivitalizzare i giocatori come El Shaarawy o Perotti, facendone due perni del suo sistema di gioco accompagnato sempre da una grande pulizia tecnica. Infine, tutto finisce nel modo peggiore con l’addio al calcio di Totti e di Spalletti alla Roma. Di nuovo.
Fonte: Corriere dello Sport