335 gol, 710 partite, 14 trofei e una fragilità che molti hanno visto come il suo punto debole, ma forse era la cosa migliore di sé: Gonzalo Higuain ha giocato ieri l’ultima partita di una carriera durata 17 anni e mezzo e che hanno fatto innamorare molti addetti ai lavori di questo attaccante argentino famelico in area di rigore e tecnico come pochi al di fuori, un regista avanzato che ogni allenatore vorrebbe in rosa. Se lo sono goduti tifosi dal palato fine come River Plate, Real Madrid, Napoli e Juventus, le squadre in cui ha dato il meglio di sé prima di andare in MLS e dire basta a un calcio che l’ha portato al limite mentale mettendolo sempre al centro dell’attenzione e costantemente sotto pressione. Vuole diventare un mental coach il Pipita e chi meglio di lui potrebbe dare l’ennesima svolta alla necessità di creare percorsi psicologici nel mondo del calcio, che ancora continua a guardare con rimostranza alla salute mentale degli atleti? Higuain verrà ricordato negli annali della Serie A per il record di 36 gol segnati con il Napoli, l’ultimo da antologia.
Poi il passaggio alla Juventus, vissuto come un tradimento imperdonabile da una tifoseria che l’aveva eletto re e credeva che sarebbe asceso al fianco di D10S. Eppure, col tempo la rabbia si è affievolita, l’amore non sarò rinato, ma è rimasto il ricordo e quello si è riscoperto migliore di com’era lo stesso presente: Gonzalo Higuain ha riportato al Napoli l’idea che il riscatto era possibile, che guardare tutti dall’alto in basso ancora una volta si poteva fare (per citare Frankenstein Junior). Tralasciando che poi non si è realizzato e ormai sembra l’ossessione lacerante della tifoseria partenopea, il Pipita ha impresso nella mente dei tifosi azzurri una stagione da 36 gol dove ha segnato a chiunque in tutti i modi: se aveva l’occasione davanti la porta, la pietà non era nemmeno contemplata. Ecco perché il passare degli anni ha fatto riscoprire Higuain come il calciatore che è stato, uno dei bomber più forti della storia del Napoli a un passo dal divino ma normale nelle sue fragilità. A Napoli, non lo ammetteranno mai, gli vorranno sempre bene nonostante tutto perché dopo la rabbia restano i ricordi, le emozioni e quelle non si pagano. Si vivono. Gracias, Gonzalo.
Di Simona Ianuale