Prima c’erano due modelli di riferimenti tattici, l’uno collegato all’altro nelle sfumature, ma a Castel Di Sangro, per uscire dagli equivoci, Spalletti ha scomposto il Napoli, poi l’ha ricomposto e lo ha infilato dentro al tridente mutevole, da adattare alla natura dei singoli, da plasmare con Osimhen o con Raspadori o con Simeone, da lasciar germogliare con le intuizioni di Lobotka, da sostenere con la fisicità e lo spessore di Kim e di Rrahmani, con la leggerezza di Mario Rui e Di Lorenzo, e però anche con la disinvoltura di un ritrovato Meret, restituito alla sua spensieratezza dopo settimane di tormenti ingenerosi.
DOUBLE FACE. Il Napoli che comanda ovunque, in Italia e in Europa, è nell’eleganza delle movenze, nella musicalità della sua recitazione, nella sfrontata ricerca della (Grande) bellezza mai fine a se stessa, nel desiderio di sussurrare un calcio che non oltraggi mai l’estetica, semmai l’esalti con l’uno-due, le sovrapposizioni, i tagli centrali, il palleggio e la verticalità e pure il contropiede in un vocabolario che sa di Spalletti. E’ un viaggio nel futuro, ignorandone limiti e destinazione.
Fonte: CdS