Dentro Luciano Spalletti si nascondono due anime, semplicemente – paradossalmente – contrapposte: l’allenatore che va in panchina porta con sé quella conoscenza enciclopedica che mette assieme i concetti alti d’un calcio da favola; e poi il tecnico che osserva il mondo, e deve pure un po’ orientarlo, preferisce starsene comodamente adagiato su un linguaggio «formale» dal quale far emergere un pragmatismo che sa d’altro, che sa di tutto. Perché la storia è vecchia, ed è inutile chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina: meglio evitare le trappole dialettiche e lasciare al Napoli, in campo, l’esigenza delle iperboli.
Come si esce da una vittoria per 6-1 ad Amsterdam, con l’Ajax? «Allenandosi bene, trasformando in partita ciò che ci diciamo in settimana, tenere alta la concentrazione e fare in modo che la nostra gente sia felice. Nel nostro spogliatoio non c’è euforia – e non ne vedo neanche tra i tifosi – ma la consapevolezza che stiamo facendo cose importanti. Il calcio è un gioco in cui è fondamentale la lucidità. Il campionato è ancora molto lungo».
Si può dire che questa è la squadra più bella tra tutte le sue? «Stiamo proponendo un buon calcio. Abbiamo i campioni capaci della giocata e altri tipi di giocatori, bravi a sacrificarsi per i compagni. E questo è un aspetto fondamentale».
Le “piccole” rappresentano un pericolo sempre, come insegna il Lecce. «A Cremona troveremo un ambiente bellissimo. So be come la Cremonese è arrivata in A, con Fabio Pecchia, e quindi con quali valori. E sono amico di Alvini, l’allenatore di oggi, quello che quando era tra i dilettanti riempiva le tribune di colleghi, curiosi di scoprire i suoi allenamenti. Massimiliano ha la faccia da bravo ragazzo e lo è, ma è pure sveglio, furbo e proverò a non farmi fregare. Lo abbraccerò con affetto».
Fonte: CdS