Quando Luciano Spalletti ricevette la Panchina d’oro aveva 46 anni ed era l’allenatore dell’Udinese, in cui aveva messo in mostra idee di gioco travolgenti. Ora, con un Napoli completamente rivoluzionato dal mercato estivo, sembra che Spalletti abbia trovato la sua squadra ideale, quella che diventa, in Italia e in Europa, un’enciclopedia calcistica: recupero palla, inserimento del terzo uomo, la punta che gioca con la squadra, l’impostazione dal basso, tutti elementi che contribuiscono a creare un calcio spettacolare molto diverso da quello che l’Europa ha visto negli ultimi anni con le squadre italiane. Se il Napoli sembrava essere di Kvaratskhelia, mattatore quasi messiaco di un calcio vecchio che torna in auge, si scopre che, invece, è di tutti: di Raspadori, che con la fame dei cannibali si sta prendendo l’attacco azzurro, qualsiasi maglia indossi; di Lobotka, relegato da Gattuso a panchinaro fisso, cervello della squadra di Spalletti; di una difesa impenetrabile e goleador, che trova nel lavoro il suo punto di forza (Kim, Oliveira, Rrahmani e Di Lorenzo); di Anguissa, pagato poco e dominatore in Italia e in Europa; di Zielinski, risorto come un’araba fenice. E’ di tutti, anche di ogni panchinaro che magari non ha giocato molto fin ora, ma quando chiamato in causa non ha mai sbagliato. Ma, soprattutto, è il Napoli di De Laurentiis e Giuntoli, oculato imprenditore e visionario ds, che ha formato una squadra privata dei suoi leader andando a prendersi per l’Europa dei mezzi sconosciuti ormai entrati già nel cuore dei tifosi del Napoli, un cuore che sembrava impossibile ammorbidire questa estate.
Fonte: Corriere dello Sport, Antonio Giordano