Kvaratskhelia è un giocatore d’altri tempi. Lo pensano in molti, lo scrive il Cds. Non è “settoriale”, fa tornare alla memoria campioni di due o tre epoche fa. Gigi Meroni, per esempio, qualcuno ha scomodato persino George Best. Ti accorgi che è un grandissimo, che è un campione, perché non spreca mai un pallone. In questo è contemporaneo. Gli interessa l’obiettivo. Ha fatto ammattire il Liverpool. Si è sistemato a sinistra e con la sua andatura ormai classica, non ha fatto capire se pensava all’uno contro uno o si sarebbe accentrato. È lui che serve a Zielinski il rasoterra che porta al calcio di rigore. È lui che si divora il gol del 2-0 su assist di Osimhen, proprio lui che tira sempre forte, stavolta la appoggia a botta sicura e non si accorge che sta sopraggiungendo Van Dijk. Gioca senza paura. I grandi non stanno lì a macerarsi per gli errori commessi. E allora a fine primo tempo mette in scena un numero che da ragazzini tutti abbiamo fatto a scuola o nei cortili. Va via ad Alexander-Arnold, palla da una parte e lui dall’altra. Il terzino destro che da anni stupisce l’Europa, resta a guardare come un pivello qualsiasi. Lui intanto va sul fondo, resistere a Gomez è un gioco da ragazzi. E serve a Simeone il pallone con la scritta “basta spingere”.