Quando il calcio diventa arte, ciò che resta – negli occhi – è la sensazione d’aver (ri)scoperto un mondo nuovo: e si può restare incantati in quello stadio che sa di Enorme Bellezza, perché nello spettacolo del weekend c’è l’espressione alta dell’Idea. Quando il Napoli s’è tolto la polvere dalle spalle e forse dal cervello, le pennellate che tracciano arcobaleni persino nelle tenebre, stanno illuminando l’Olimpico, seducendolo per intero, nel gigantismo di forme capaci di sedurre e forse di stordire. Quando Khvicha Kvaratskhelia entra in Galleria ed espone ciò che il Napoli ha appena costruito, il football si trasforma in altro e quell’uomo – Spalletti – che l’ha disegnato con la sua visionaria interpretazione, può specchiarsi nel capolavoro.
«Siamo sulla strada giusta».
Quando è finito, e l’Olimpico sa d’azzurro, il Progetto smette d’essere un concetto retorico ma diviene la rappresentazione di una Filosofia che al mercato s’è preso la copertina, sfidando i luoghi comuni e pure i pregiudizi: Lazio 1, Napoli 2, con Kim e Kvara padroni del tempo, dimostrazione lampante di un’effervescenza che s’avverte ovunque, anche oltre il sipario, dove sta l’area tecnica.
«Chi si occupa di queste operazioni è stato bravo a sostituire chi è andato via. Kvara aveva giocato anche in Russia, c’erano perplessità semplicemente perché quando porti da noi ragazzi così giovani si può impiegare più tempo per ambientarsi. E Kim e Kvara sono ragazzi eccezionali».
Quando Kim fa 1-1 e Kvara fa 2-1, Luciano Spalletti smette di pensare ai due pali, a quelle cinque o sei o chi sa quante occasioni, tutte figlie di una personalità dominante, e annusa il pericolo:
«Perché partite del genere puoi anche non vincerle ma sarebbe cambiato poco. È ciò che abbiamo fatto che ha un valore, contro la Lazio che è allenata da uno dei più apprezzati colleghi. Però noi siamo stati bravi: non so se questa è stata la partita più bella della mia gestione, non ci penso neanche. A volte ci perdiamo in banalità ma altre volte siamo stati eleganti e pure cazzuti. Però possiamo dire che questa è la strada giusta, la squadra è in condizione e penso che si possa fare anche meglio. A tratti, vero, squadra unica, corta, che ha pressato bene, che si fa perdonare un pizzico di pigrizia».
Quando il futuro ti si spalanca dinnanzi con quell’orizzonte così fosforescente, è opportuno non dimenticare nessuno, neanche chi ha sofferto ai margini di un Napoli che adesso gli appartiene che Spalletti gli consegna. «Sono felice per Meret, che ha bisogno di giocare per mettere a posto la sua timidezza. Noi abbiamo il secondo e il terzo della Nazionale. Alex è talmente sensibile ed è così un bravo ragazzo che sentirsi in mezzo a certe situazioni di mercato non gli ha fatto bene. Ma Meret ora sa di essere titolare e Sirigu è perfetto perché ha carattere e personalità».
Fonte: CdS