L’editoriale di Antonio Giordano sul Cds
“Per chi ha vagamente sospettato che potesse bastare mettere tutti assieme Raspadori e poi Ndombel é e Simeone per uscire dalle gabbie sparpagliate qua e là da Italiano, Fiorentina-Napoli ha semplicemente provveduto a ricordare quanto sia necessario, per un allenatore, poter avere il tempo, almeno quello, per incidere e abbellire l a propria idea. Spalletti si è appena ritrovato una squadra rivoluzionata dentro e fuori, le ha offerto i codici che gli appartengono , m a prima che il Napoli esprima concetti compiuti e pure tatticamente definiti , sarà indispensabile scorgere la chimica, avere gamba e freschezza, infilarsi non solo nelle linee di passaggio ma nella psicologia complessa di uomini che provengono da microcosmi diversi, che hanno bisogno di annusarsi e capirsi. C’è un calcio che non può sfuggire mai a certi principi classici e l’amalgama – lo insegna la storia romanzata del calcio – non piove dall’alto, né si scorge tra una trattativa e l’altra n ei banchi del mercato. La Fiorentina è stato (forse) pure un ricordo (il 2-5 in Coppa Italia, a gennaio; il 2-3 sempre al “ Maradona ” ad aprile, la resa decisiva nello sprint per lo scudetto) e certi ragionamenti un allenatore li affronta, guardando la lavagna mentre prepara la partita. Alla terza, si può tranquillamente apprezzare la benevolenza delle settimane scorse, quella grandinata di rinforzi che fanno tanto “ chic ” , e però non si rimodella il Napoli dalla sera alla sera, soprattutto se dallo specchio emerge la faccia espressiva della Fiorentina, la sua solidità, la capacità di resistere alle fatiche di questa estate di luna piena di Conference League.
Nella pur pirotecnica estate napoletana, praticamente prossima alla perfezione, il Napoli s’è pers o in un dettaglio che va definito tale solo come un eufemismo: mancano poche albe al 1 º settembre e da DeLa in giù, arrivando sino a Meret, ognuno potrà liberarsi delle paure dalle quali sono stati assaliti. Il portiere è un uomo solo per la sublime definizione di Eduardo Galeano, però da un po’ – da qualche anno in qua , da quando il modernismo è entrato nelle a ree di rigore – gli viene concesso di uscire dalla ortodossa interpretazione del ruolo: oggi come ieri, Meret è «condannato a guardare la partita da lontano», ma or a può «muoversi dalla porta», per evitare la «fucilazione». Alex Meret rimane un talento (ancora) inespresso, però in una istantanea (25’ tiro di
Fonte: CdS