Paulo Sousa tra Fiorentina e Napoli: «Dal Maradona la spinta scudetto»

Paulo Sousa è un almanacco di calcio che si lascia sfogliare una pagina dopo l’altra. Da calciatore prima e da allenatore poi ha girato mezzo mondo vincendo di tutto e di più. L’ultima tappa è stata in Brasile, alla guida del Flamengo. Ora che è in attesa di una nuova avventura, studia. Occhiali sul naso e tazza di té: poi solo montagne di appunti.

Iniziamo il nostro viaggio dalla serie A: dopo le prime giornate che idea si è fatto dì questo campionato?«Mi aspetto tanto equilibrio, proprio come è successo nello scorso campionato. Soprattutto nella parte alta della classifica non c’è una squadra schiacciasassi. E mi auguro che questo equilibrio possa essere di aiuto anche per far aumentare l’appeal del campionato in ottica economica. Più le partite sono equilibrate e più riesci a venderle sul mercato televisivo».

E allora in questo equilibrio chi può vincere?«Il Napoli ha qualcosa che le altre potrebbero non avere».

Ovvero?«La piazza. Quella di Napoli è una realtà che ti può accompagnare fino alla vittoria. È un fattore che nell’equilibrio generale può fare la differenza e soprattutto ti può fare vincere i trofei. I napoletani sono passionali e ti spingono. E in questo sono molto simili ai tifosi della Fiorentina, prossimo avversario del Napoli».

Lei domani sarà allo stadio: cosa si aspetta dalla Viola?«Seguivo Italiano già quando allenava in serie B perché mi piaceva. Fa un gioco molto propositivo, vuole sempre il pallone. Il suo è un calcio davvero interessante».

Cosa è cambiato rispetto alla sua Fiorentina?«La mia Fiorentina è arrivata quinta, miglior piazzamento degli ultimi anni. Credo di aver lasciato un segno nel calcio italiano. Ed è quello legato alle varianti di gioco. Il modulo non è importante, ma quello che conta sono lo spazio e il tempo di occupazione. Oltre all’intelligenza tattica del giocatore. Mi piace proporre diversi moduli all’interno della stessa partita».

In Italia chi le piace come allenatore?«Ci sono tanti tecnici preparati che propongono belle idee di calcio, ma sono molto legato a Spalletti».

Come mai?«Quando allenavo la Fiorentina veniva spesso a seguirci e a me sono sempre piaciute le sue idee».

Ovvero?«Ha grande esperienza e ha una proposta di gioco molto interessante nelle sue dinamiche. Riesce a tirare fuori il meglio dalle sue rose e ha molte varianti».

Spalletti quest’anno dovrà ripartire con una rosa quasi del tutto nuova: pro e contro?«Quando c’è una chimica interna tra tutte le parti di una squadra, il successo arriva sempre. Spalletti ha esperienza ed è molto capace in tutti i sensi: è leader, sa comunicare, ha belle proposte di gioco e poi sa dare carattere alle squadre. Non avrà problemi nella gestione».

Altro giro, altra corsa. Durante la sua esperienza da ct della Polonia ha allenato Zielinski: che giocatore é?«Premessa: lo conoscevo da tempo e lo volevo anche prima che arrivasse a Napoli, proprio alla Fiorentina, ma non riuscimmo a prenderlo. Piotr è un giocatore fortissimo in tutto. Più è nel vivo del gioco e più si entusiasma. Sa dare soluzioni e movimenti, salta l’uomo e sa fare il passaggio giusto. Con Spalletti è cresciuto molto soprattutto nell’attacco alla verticalità».

Allora andiamo oltre: un giocatore del Napoli che sarebbe perfetto per il suo ideale dì gioco?«Lobotka, perché è un ottimo regista anche se dovrebbe osare qualche lancio in profondità in più. E poi mi piace tanto Raspadori. Porta gol alla squadra e può giocare tra le linee perché ha grande mobilità e ottima accelerazione. Si muove senza palla, per me è un giocatore top».

Facciamo un salto indietro nel tempo: l’allenatore che ha influito di più nella sua idea di calcio?«Tatticamente Lippi è al primo posto. Nel Portogallo con Queiroz mi è piaciuta la sua capacità di creare dei progetti sportivi. Da Eriksson ho imparato la sua metodologia di allenamento. Da Bobby Robson l’entusiasmo e il carisma. E poi Hitzfeld: con lui ho compreso l’importanza del rapporto unico con i giocatori e quelle sue intuizioni nelle scelte durante le partite».

Dal passato al futuro: dove vorrebbe allenare?«In Italia ho avuto più successo e la sento come casa. Diciamo che vorrei tornare a casa». 

Fonte: Il Mattino

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