La presente ricerca non intende sottolineare gli errori degli arbitri in termini di critica, vuole porre in evidenza se esiste una “direzione” sistematica degli errori quando gli arbitri dirigono le squadre definite “Grandi”e “Piccole”.
Tutto ciò espone l’arbitro a tensioni emotive non tutte coscientemente percepite, nonché ad alti livelli di attenzione-allarme che elevano il grado di difficoltà della prestazione agonistica, infatti, gli addetti ai lavori (stampa specializzata e organi competenti) ritengono necessaria la professionalizzazione della figura arbitrale. La prestazione del direttore di gara, come una qualsiasi condotta comportamentale, richiede una spiegazione plausibile proprio per il bisogno innato di dare senso alla realtà esterna (Gazzaniga, 1989; Olivetti‑Belardinelli, 1983; Taylor, 1991). Spesso le teorie esplicative addotte dalla gente comune si basano più su un fondamento reattivo‑emozionale che non su presupposti oggettivamente rilevabili, oppure fanno ricorso a luoghi comuni o a pregiudizi, spiegazioni queste intese a ipersemplificare l’interpretazione della realtà. E’ per tale ragione che queste risposte sono socialmente condivise in modo acritico, tanto che da siffatto humus deriva il volgare slogan di lunga generazione: “arbitro venduto”.
Negli ultimi anni la teoria più diffusa per spiegare gli errori arbitrali, forse anche tra la stampa specializzata, è individuabile nella formulazione dell’ipotesi della sudditanza psicologica, cioè dell’influenza (inconsapevole) esercitata dai cosiddetti “Grandi Club” sul comportamento arbitrale del direttore di gara, senza la necessità di intraprendere oggettivi atti di corruzione. L’effetto della sudditanza psicologica favorirebbe le “Grandi squadre” a danno di quelle “Piccole”. La presente tesi però non è stata mai
Ipotesi sperimentale
L’ipotesi di partenza riguarda la verifica statistica della direzione degli errori arbitrali di serie “A”, che in termini operativi formuliamo come quei giudizi arbitrali, inconsapevolmente determinati, che, sempre inconsapevolmente, favoriscono le “Grandi”. Tale ipotesi si fonderebbe sia sui presupposti sopradescritti, che agiscono inconsciamente come schemi interiorizzati (“foci dominanti latenti” nel senso di Anochin, 1975; Ruggieri, 1989), sia sui
Metodologia sperimentale
Gli errori arbitrali considerati dalla ricerca sono stati quegli errori di “interesse televisivo”, cioè errori emersi dai servizi televisivi della Domenica Sportiva (Rai), in particolare dalla moviola. Quindi, anche se di tipologia diversa si tratta di errori rilevati con un criterio omogeneo di valutazione. Questo ha impedito di fare un’ulteriore discriminazione della gravità degli errori poiché la classificazione televisiva non avverrebbe per quegli errori che sfuggono alle telecamere. Non è stato possibile formare un pool di giudici indipendenti per una valutazione più accurata e della classificazione degli errori, a causa di problemi logistici (legati sia all’accesso alla videoteca, sia per il divieto di parlare imposto agli arbitri, sia per la difficoltà a trovare un unico orario utile per tutti i membri della commissione). Gli errori considerati erano a favore o delle “Grandi” o delle “Piccole” squadre ed erano riferiti ad un’ampia casistica quale:
– fuorigioco non rilevato
– fuorigioco erroneamente fischiato
– gol non convalidato
– gol erroneamente convalidato
– gol “viziato” da un iniziale fallo non rilevato
– rigore non fischiato
– convalida erronea di un rigore
– ammonizione erroneamente comminata
– ammonizione non comminata
– mancata espulsione
– espulsione erroneamente comminata
– scambi di giocatori (nell’ammonizione e nell’espulsione).
Le squadre considerate “Grandi” sono costituite dalle prime sette classificate nell’anno calcistico 1995/96 (quelle che hanno partecipato alle competizioni europee); tutte le altre sono state selezionate come “Piccole”. Qui le “Grandi” sono le squadre più forti dal punto di visto della classifica, perché non sempre l’essere Grandi coincide con la potenza politico-economica del Club o con il cosiddetto blasone (si consideri gli scudetti vinti dalle provinciali come il Cagliari, il Verona o il Napoli, che non è provinciale ma che non è mai appartenuto storicamente all’élite dei potentati del calcio). I dati trattati sono costituiti dalla media degli errori per partita degli arbitri, poi sottoposti a procedimento statistico avvenuto mediante l’applicazione del disegno statistico per misure ripetute a 2 fattori (within) costituiti dalle Squadre (Squadra “Grande” = S1 e Squadra “Piccola” = S2) e dal “fattore campo” (in casa = P1, e fuori casa = P2). Il programma statistico utilizzato è stato il CRL ANOVA. Il livello critico di significatività scelto era corrispondente a P = 0.05. La ricerca è stata eseguita presso il “Centro Videoteca” della Rai (via Salaria), che ha permesso la visione di 243 spezzoni di partite e delle corrispondenti “Moviole,” attraverso cui sono stati rilevati gli errori presi in considerazione dall’analisi statistica stessa. Sono state oggetto di verifica 27 “turni” su 34; i sette mancati riguardavano i “turni” 19°, 24°, 26°, 29°, 32°, 33°, 34°. Gli arbitri coinvolti nell’indagine sono stati 24, il cui numero minimo di partite dirette è stato di tre gare.
Analisi dei dati
La verifica sperimentale ha posto in rilievo (cfr. Tabella 1 (x = 0.4294) come gli errori a favore delle “Grandi” siano statisticamente superiori a quelli fischiati alle “Piccole” (x = 0.2902): la significatività è molto alta (0.0060). Questa notevole significatività rileva come, nella distribuzione degli errori arbitrali, il tipo di squadra costituisca la variabile discriminante rispetto al cosiddetto “fattore campo” (vedi Tabella II). In tal caso le influenze psico‑sociali esercitate dal “fattore campo”, di cui dovrebbe beneficiare la squadra che gioca in casa, non sembrano essere significativamente decisive nella determinazione degli errori arbitrali, pur emergendo una tendenza a favore delle squadre di casa (P1= 0.3706, P2 = 0.2902 ). Non c’è interazione “fattore campo” ‑ squadra (Grafico 1).
Commento
I risultati qui emersi rilevano la tendenza, sistematicamente significativa, degli arbitri a “fischiare”, inconsapevolmente, a favore delle “Grandi” squadre, per contro gli errori a favore delle “Piccole” sono significativamente inferiori. Da un punto di vista psicodinamico questo dato di fatto solleciterebbe una particolare forma di difesa: la “negazione”, perché l’accesso alla coscienza della distorsione percettiva sarebbe,
(Si ringraziano la Prof.sa G. Scalisi, la Dott.sa S. Di Pietro, per le consulenze statistica e computeristica e la RAI per l’uso della videoteca. Tale articolo è stato pubblicato su “L’Attualità” periodico di cultura e costume nel Gennaio del 2003)
BIBLIOGRAFIA
Anochin P.K.: Biologia e neurofisiologia del riflesso condizionato. Bulzoni, Roma, 1975.
Gazzaniga M.: Il cervello sociale. Giunti –Barbera, Firenze, 1989.
Marchese F.: Errori arbitrali e moviole. Arbitro. XLVII, N. 1, Dic., 1989.
Olivetti Belardinelli M.: La costruzione della realtà. Boringhieri, Torino.
Ruggieri V.: Semeiotica dei processi psicofisiologici e psicosomatici. Il Pensiero Scientifico, Roma, 1988.
Ruggieri V.: Mente Corpo Malattia. Il Pensiero Scientifico, Roma, 1989.
Ruggieri V.: L’esperienza estetica. Fondamenti psicofisiologici per un’educazione estetica, Armando Editore, Roma, 1997.
Taylor S. E: Illusioni. Quando e perché l’autoinganno diventa la strategia più giusta, Giunti Ed., Firenze,
A Cura di Maurizio Santopietro
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