L’editoriale di Antonio Giordano sul CorrSport:
“C ’ erano un difensore, due attaccanti e pure un portiere e – senza che fosse una barzelletta – c’era anche un’idea nuova dentro u n clima un po’ vecchio, lamentoso ed esigente, presuntuoso e semmai pungente, però dialetticamente in linea con il calcio. Ma ora che dalla scena sono sfilati via in tanti – il difensore, gli attaccanti e persino il portiere – e nell’aria è rimasto un filo di veleno, Aurelio De Laurentiis, nel pieno delle sue funzioni e delle proprie ormai granitiche certezze, qualche domanda potrebbe porsela e un paio di risposte dovrebbe inseguirle. il Napoli che tra ventotto giorni entrerà in campo a Verona, dovrebbe essere – gli va augurato – sostanzialmente diverso da quello che Luciano Spalletti sta difendendo a petto in fuori dagli spifferi d’insoddisfazione che s’avvertono: la sua incompiuta, nella quale c’è l’anima ribelle di un allenatore che sa cosa vuole, è una squadra che insegue qualcosa, non si sa bene dove e neanche come, e che ha bisogno di garanzie da afferrare in un mercato problematico e indefinito per chiunque, sostanzialmente inespresso e fondamentalmente spalancato a qualsiasi inaspettata evoluzione. Ma il problema del Napoli è un altro: non è esclusivamente tecnico, perché il materiale umano resta di valore e ci sono riferimenti che abbagliano; non è assolutamente tattico, essendo Spalletti un indiscutibile fattore che induce all’ottimismo con la sua autorevolezza ed il coraggio di essere frontale; non è ormai neppure più economico, considerati i «benefici» delle partenze e il benessere che al bilancio ha lasciato in eredità la sforbiciata agli ingaggi: la questione, adesso, è squisitamente ambientale, perché c’è un senso di distacco che in parte, a Napoli, si percepisce, e c’è una latente disaffezione che Adl non può fingere di ignorare, né derubricare come irrilevante. Il Napoli non ha mai limpidamente saputo parlare alla gente, o ha sbagliato i toni oppure ha gonfiato esageratamente i modi, e la comunicazione appartiene (esclusivamente) ad un presidente che probabilmente sta toccando il minimo storico, nel suo mandato avviato nel 2004, di simpatia: dettagli, per Adl, che non ha mai inseguito il consenso, che ha un rapporto con la dialettica sempre un po’ oltre le righe, che a volte si rifugia nel populismo e altre nell’anti-conformismo, che però non è riuscito a stabilire più un legame, un «sentiment» direbbe lui, di cui invece il calcio avrebbe bisogno. Un colpo ad affetto, banalmente, risolverebbe il problema, e questo non sarebbe l ’archetipo di una vita fa, il fumo negli occhi. Perché è comunque al cuore che bisogna puntare, dolcemente”. Fonte: CdS