ACCADDE SOTTO IL SOLE – La trattativa Napoli/Maradona, si pagò per vederlo allo stadio San Paolo

L'accordo in extremis e l'abbraccio di 60mila tifosi a Fuorigrotta

Sessantamila spettatori, biglietto a 1000 lire. Una partita di calcio il 5 luglio al San Paolo? No. Molto di più. L’inizio di una favola. Il pomeriggio della presentazione di Diego Armando Maradona alla sua nuova gente, in delirio dopo il buonasera napolitani, il palleggio e il giro di campo. Cominciammo a sognare quel giorno un altro giro d’onore, quello che vi sarebbe poi stato il 10 maggio 87 e il 29 aprile 90, dopo la conquista del primo e del secondo scudetto. Napoli aveva disperatamente inseguito il tricolore, l’ultima volta era accaduto quattro anni prima, quando la vittoria del Perugia – sì, il Perugia – al San Paolo spense i sogni di Krol e compagni. Poi vi furono le stagioni di sofferenza, quando il rischio della retrocessione fu concreto. Diego non sapeva cosa avevano patito i suoi futuri compagni e i suoi nuovi tifosi, spiegò di averlo scoperto soltanto nelle prime settimane a Napoli, trascorse in un hotel del lungomare di via Partenope, dove presero alloggio – a sue spese – anche alcuni capi del tifo e calciatori dilettanti argentini. «A me quell’anno interessavano due cose: andare via dal Barcellona e guadagnare tanto», scrisse nell’autobiografia Yo soy el Diego. Messa così, potrebbe sembrare che quello fu un matrimonio di interesse. Invece no. Fu una favola. La favola azzurra.

IL GRANDE GIORNO

Il Napoli aveva dovuto penare per strappare Maradona al Barça. C’era un brutto clima intorno al Pibe, arrivato due anni prima in Catalogna, eppure i dirigenti del club blaugrana non erano disposti a cederlo. Il presidente Ferlaino, il direttore generale Juliano, i consiglieri Celentano, Punzo, Resi e Tagliamonte riuscirono a convincerli nell’ultimo giorno del mercato italiano, il 30 giugno, con l’abile coordinamento di Patrizia Boldoni, la moglie del patron, da Napoli. Tredici miliardi di lire al Barcellona e la firma del contratto, depositato fuori tempo massimo grazie a un colpo di genio di Ferlaino e alla collaborazione della guardia giurata in servizio presso la portineria della Lega Calcio a Milano: sostituì notte tempo la busta che conteneva un foglio bianco con quella buona, arrivata dalla Spagna. Si decise di presentare per la prima volta un calciatore del Napoli in stile Liga, davanti ai tifosi all’interno dello stadio. Per motivi di ordine pubblico, si fissò in 1000 lire il prezzo del biglietto. Si presentarono in sessantamila per ammirare Diego scortato dalla compagna Claudia Villafane, dal manager Jorge Cyterszpiler e dal cineoperatore Juan Carlos Laburu, che aveva iniziato a girare sul volo da Barcellona a Roma le prime immagini per un film poi mai completato.

IL PRIMO ABBRACCIO

Maradona tenne nella palestra del San Paolo la prima conferenza stampa da calciatore del Napoli. Ricordò ai nuovi tifosi di essere un uomo del Sud, come loro. E parlò dei bambini poveri di Napoli, quelli che gli ricordavano la sua difficile infanzia. «Sono a loro disposizione, vorrei farli entrare gratis alle partite ma non dipende da me». Al suo fianco l’emozionato presidente Ferlaino, che aveva voluto realizzare lo straordinario colpo per tentare di vincere lo scudetto, dopo aver rischiato le retrocessioni e molto di più perché la camorra aveva tentato di impadronirsi del Napoli. Lui quegli assalti li aveva coraggiosamente respinti ed ecco perché si infuriò quando il corrispondente da Roma della tv francese, Alain Challou, chiese a Diego: «Lei sa che i soldi della camorra circolano nel calcio?». Un’allusione grave. Intervenne Ferlaino e chiese di ripetere la domanda, cosa che il cronista francese fece. E Ferlaino lo allontanò dalla sala, ricordando i sacrifici fatti per gestire il Napoli e ingaggiare Diego. Accaldato e seccato, il Pibe chiese all’interprete José Alberti, argentino che allenava squadre dilettantistiche campane e gestiva la pizzeria La Cueva a Riva Fiorita, di far chiudere la conferenza. Al piano di sopra lo aspettavano sessantamila innamorati per il primo abbraccio. Fonte: F. De Luca (Il Mattino)

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