Ottavio Bianchi è arrivato in Cilento per raccontare la sua storia e parlare del futuro del calcio in un convegno organizzato nel Castello aragonese. Usa toni amari sulla crisi. «L’Italia è ormai la quarta fascia del calcio. Ma ci rendiamo conto cosa vuol dire aver perso due spareggi per il Mondiale con nazionali così modeste?». Come risalire? «Puntando sui giovani, ma puntandoci davvero. Grandi club, dall’Inghilterra all’Argentina, non hanno timore a schierare diciottenni che giocano e acquisiscono esperienza internazionale. In Italia non funziona così».
IL VERO SCUDETTO
All’inizio dell’85 fu Allodi ad offrire la panchina del Napoli a Bianchi. «Dissi all’inizio no». Poi si convinse. E fu scudetto.
«La gioia più grande degli anni di Napoli fu il coro Ottavio Ottavio che i tifosi mi dedicarono al San Paolo in occasione dell’ultima partita dell’88 contro la Sampdoria: si schierarono dalla mia parte. E, se ci penso, mi vengono ancora i brividi». Nel Napoli dello scudetto e della Coppa Uefa c’era Maradona e c’erano tanti napoletani. «Un valore aggiunto perché danno di più e trasmettono un sentimento all’interno dello spogliatoio. Mi dispiace che l’unico napoletano, Insigne, sia andato via». Il rimpianto per lo scudetto perso nella scorsa primavera è forte.
«Il Napoli giocava il miglior calcio, peccato». Il legame con Napoli è rimasto forte come negli anni d’oro.
«L’affetto e il rispetto dei napoletani sono due delle cose più belle della mia vita. Vincere non è stato facile, c’è voluta tanta dedizione al lavoro, così come mi aveva insegnato il primo maestro a Brescia. Era dura andare a Milano e Torino. Sudditanza psicologica? Dicevo ai miei di non fare fallo a venti metri dalla porta sennò fischiavano il rigore… Un big della squadra avversaria, una volta, disse all’arbitro: Stai attento, altrimenti qui non vieni più. Cosa fece quell’arbitro? Ammonì uno dei miei». Il sentimento napoletano di Bianchi emerse anche dopo un’amichevole dell’87 a Brescia e i cori contro l’allenatore – bresciano – e la squadra di Diego.
«Dissi che non avrei mai più portato il Napoli a Brescia e mi trasferii con la famiglia a Bergamo Alta. Orgoglioso della mia Napoli».
Fonte (Il Mattino)