C’era una volta la caccia al giocatore in scadenza  di contratto. In squadra ben tre azzurri

La Caccia – Dove sia l’errore, e soprattutto quale sia, non è ancora chiarissimo ma se all’alba del 27 giugno (a tre giorni dal d-day) ci sono in lista di sbarco decine di talenti a costo zero, più che una domanda bisogna fermarsi un attimo a riflettere e cercare le risposte che rifiutiamo di scovare dentro un pallone sgonfio. All’ufficio di collocamento di questo macrocosmo in cui il gigantismo l’ha fatta da padrone, c’è una fila di genietti che in epoca neanche poi così sospetta avrebbe scosso il mercato, monopolizzandolo a modo suo e attraverso richieste ed offerte che evidentemente sono rimaste rinchiuse in una bolla invisibile eppure soffocante: dev’essere stata colpa del Covid, e ci sta ci mancherebbe altro, ma forse – tranne dove la ricchezza ancora s’avverte o semmai in quelle magie che Marotta sa scovare tra gli algoritmi della propria fantasia da manager – questo Mondo sta probabilmente prendendo coscienza dei propri limiti, si è rimesso a leggere la grammatica dell’economia e senza scomodare Keynes ha dato ruolo e funzioni almeno alla casalinga di Voghera. Ora, due meno due fa zero, si agisce per sottrazione, semmai si aggiunge ma dopo aver tolto e se arriva Lukaku è soprattutto in virtù d’una forma di contorsionismo che, rispetto ad un anno fa, può restituire il bomber in prestito e con stipendio dal quale viene detratta una robusta tassazione abbracciando il decreto crescita. Ma la questione è diversa, più ampia, da analisi profonda sulle storture del passato e sulla moda di quest’estate che appartiene all’esigenze più stringenti e demolisce qualsiasi forma di finanza creativa, che pure resta (ovviamente) perché una plusvalenza non se la nega nessuno. In semplicità, però, verrebbe da dire alzi la mano chi avrebbe immaginato di ritrovarsi Dybala, Dembelé, Isco e Mertens ancora con il naso all’insù, ad inseguire qualcosa che li avvicinasse al loro status giuridico di fuoriclasse. I vecchi ricchi, che poi così vecchi non sono, hanno dovuto rivedere le proprie aspirazioni dando un taglio alle rispettive pretese e se Ospina opterà, come sembra, per l’Al-Nassr, pure quella sarà una scelta di vita. Quando Dries Mertens ha lasciato che i propri legali inviassero la propria richiesta ad Adl, qualche settimana fa, quei quattro milioni netti (otto lordi) parevano una normalità o quasi: ma Sua Maestà, il re di Napoli per gol segnati, è ancora in ricerca di un club che abbia fascino ed euro in quantità adeguata al proprio curriculum vitae. Alla Juventus, Dybala guadagnava sette milioni di euro, appena un paio di stagioni fa ricominciò a dialogare di rinnovo intorno ai dodici, adesso sta meditando su ciò che può concedergli l’Inter. Il primo luglio cambieranno gli schemi, ci sarà chi uscirà da questa squadra di All Star in pantofole o infradito (Luiz Felipe al Betis, Christensen al Barcellona), ma il principio è già mutato, lo dice l’andamento lento dei corteggiatori che s’avvicinano ai cattedratici come Ousman Dembelé dopo essere rinsaviti: e d’altro canto, se al Camp Nou se la passano maluccio e probabilmente malissimo, se Insigne ha dovuto arrendersi a volare sino a Toronto, se a Romagnoli non è bastato neppure vincere lo scudetto con il Milan per ritrovarsi immediatamente con un quadriennale, se Tolisso è uscito da quel cono di luce abbagliante del Bayern e ora, a 27 anni, deve dare un’occhiata in giro come un comune mediano, siamo già dentro a un fondo di verità innegabile. Sono i calciatori ed i loro management a dover rivedere le proprie tabelle millesimali, perché questo gigantesco Paese dei balocchi senza frontiere ha inserito il consumo energetico e non può fare diversamente per non rischiare il collasso. Il Covid ha prosciugato i pozzi e non c’è un filo d’oro che scorra come un tempo, se non in Inghilterra, dove hanno saputo vendere i diritti televisivi: altrove, il sistema s’è inaridito, avvitandosi su se stesso, o è imploso. E comunque le strade della felicità, quelle che si tracciavano attraverso i versamenti degli stipendi, sono adesso lastricate da cunette e dossi che rallentano i flussi, li ammorbidiscono, per evitare di finire dentro qualche buca. Non che i giocatori se la passino male, sia chiaro, però una regolata è stata necessaria e la sterzata verso il basso si è avvertita. (S)top and go, ma con la recessione. Fonte: CdS

 

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