I l programma della sua giornata è stato il seguente: solidarietà a colazione e a cena, in occasione dell’inaugurazione del primo torneo di padel organizzato a Napoli dalla Fondazione Cannavaro Ferrara e della Charity Summer Night, finalizzati a raccogliere fondi da destinare alla Fondazione Santobono Pausilipon; 80 chilometri in bicicletta all’ora di pranzo, con tanto di record su strada stabilito – come dice lui – casualmente; e in mezzo il calcio. Il calcio di Fabio Cannavaro. Ciclista per passione e allenatore in attesa: «Ho voglia di mettermi in gioco al di là della categoria e del Paese». Nel frattempo continua a studiare e ad aggiornarsi: a maggio, tanto per dirne una, è stato il primo tecnico diplomato in Club Management al Master Fifa. E infatti la sua visione è decisamente ampia: spazia dai settori giovanili alle strutture, passando per il mercato. E le occasioni:
«Se fossi in De Laurentiis farei una proposta a Dybala».
Beh, mica male come idea... «Certo, è un parametro zero».
L’Inter ci lavora. E si è parlato anche della Roma. «Mi auguro che rimanga in Italia, dov’è cresciuto. E’ un giocatore che mi fa divertire, ma la situazione non è semplice: ha fatto la sua scelta e probabilmente pensava di trovare squadra prima».
A proposito di Inter: l’operazione-Lukaku risveglia il mercato italiano. «Arriva in prestito, attenzione, ma tanto di cappello a loro. Tornare a volte conviene e a volte no, si va incontro a certi paragoni e certi rischi. Io l’ho vissuto».
Juve e Milan, invece, sono in agguato ma ancora fermi. «Il Milan, forse, vive una situazione legata al cambio di proprietà e deve capire. La Juve cerca parametri zero dai nomi importanti come Pogba e Di Maria».
Il Napoli ha preso Olivera e Kvaratskhelia e riscattato Anguissa, ma il suo mercato è ancora strozzato da tanti nodi. «Ripeto: se fossi nel Napoli penserei a Dybala. Sai che entusiasmo porterebbe?».
Anche la conferma di Koulibaly creerebbe gioia pura. «Kalidou rappresenta un pilastro di una squadra che negli ultimi anni ha sempre avuto la fortuna di poter contare su di lui: se fossi nella società farei un sacrificio per tenerlo, per rinnovare. Magari ha richieste importanti che qualche altro club potrebbe soddisfare, però è difficile trovare giocatori come lui in quel ruolo: chi ha un centrale così o magari un terzino sinistro di valore deve tenerli stretti. C’è carenza. Un centrocampista o un attaccante li trovi».
Un attaccante come Mertens, per esempio? «Ha dato tanto al Napoli, ma bisogna capire le sue pretese: se sono quelle che ho letto, allora no. Discorso diverso da Koulibaly o magari Lorenzo che è più giovane».
Insigne partirà oggi per il Canada: mancherà di più al Napoli o alla Nazionale? «Mi auguro a nessuno, vorrebbe dire che hanno trovato il modo di sostituirlo. I cicli, però, si chiudono: Chiellini alla Juve, Marcelo e Ramos al Real. Certo, se oltre a lui andranno via anche Mertens e Fabian, allora il Napoli perderebbe 30 gol fondamentali per la Champions. Gol da sostituire».
La crisi dei parametri zero conferma le difficoltà del momento. «Il calcio è cambiato così com’è cambiata la nostra vita. Rispecchia il mondo: oggi i club riflettono bene prima di investire per un Insigne, un Dybala o un allenatore. Anche il Psg, il club più ricco, ha dichiarato di voler puntare sui giovani».
L’unica certezza del calcio resta Ancelotti: vince sempre, una costante. «Lui è un caso e un discorso a parte. Quest’anno ha fatto qualcosa che resterà nella storia del calcio: trasmette forza, serenità, consapevolezza. Unico».
Perché l’Inghilterra è così lontana? «Bisogna investire sulle strutture e creare introiti: loro lo hanno capito in anticipo, mentre le società italiane si basano soltanto sui diritti televisivi. Le cattedrali nel deserto di Italia 90 con le piste intorno sono finite: il Real, in pandemia, ha investito in uno stadio dove si potrà fare qualsiasi cosa. Le nostre strutture sono le peggiori al mondo. Di certo d’Europa».
A proposito di mondo: quanto fa male la Nazionale fuori dal Mondiale? «Mi spaventa la rassegnazione: siamo fuori e così è. Bisogna trovare soluzioni nei settori giovanili, nelle strutture e negli istruttori. Il Governo deve permettere alle società di costruire e ai giovani italiani di essere paragonati ai coetanei stranieri».
Lei che tipo di allenatore è? «Uno che ha voglia di mettersi in gioco: ad agosto sarà un anno che sono fermo».
Proposte? «Sì, diverse, ma ho bisogno di sentire l’ambizione dall’altra parte: ho parlato con persone senza stimoli, ma serve sempre un obiettivo. Alto o basso che sia. Mi hanno chiamato da America e Asia, ma la mia idea è restare in Europa».
Nel frattempo, pedala. «Tre volte alla settimana con la mia Trek. Mi rilassa, mi fa stare bene e mi permette di vivere Napoli. La mia città: la trovo sempre più bella, pulita, piena di turisti. Sa cosa?».
Cosa? «Ho appena stabilito un record: con un amico ci siamo messi a tirare come due ragazzini e alla fine, per caso, su una delle app che usiamo nel circuito abbiamo scoperto il primato».
Lei vince anche quando non vuole: un giorno s’immagina in trionfo sulla panchina del Napoli? «Beh, sono cresciuto nel Napoli e sono anche andato via troppo presto. In futuro, chissà».
De Laurentiis ha dichiarato che farà di tutto per riportare lo scudetto, mentre Spalletti ritiene difficilissimo entrare in Champions. «Io sono a metà strada tra loro, però mi fa piacere che il presidente abbia detto una cosa del genere: al Napoli è mancata la vittoria e magari vedere il Milan conquistare lo scudetto dopo anni trascorsi a inseguire ha fatto male ai tifosi. Ma lui ha garantito stabilità».
Milan fa rima con Ibra. «E’ stato importante per lo spogliatoio. Con i problemi che ha affrontato ha capito che ruolo doveva avere e l’ha svolto da leader. Da ragazzo intelligente ha seguito me in passato e ha capito cosa doveva fare…». E giù una risata. La sua inconfondibile.
Fonte: F. Mandarini (Cds)