Se dovesse andar via, saremmo quasi agli undici piccoli titolarissimi. Di quella squadra dei 91 punti, rimarrebbero il solo Koulibaly, Zielinski e Mario Rui. Il tempo passa, anche per un club più conservatore che innovativo. Perdere Insigne e Mertens nel giro di pochi mesi è la conferma che il Napoli sta veramente cambiando volto. Per tutta la prima stagione, Spalletti è stato atteso al varco. Perennemente rincorso dai fantasmi di Totti e Icardi. In realtà il tecnico di Certaldo se l’è cavata perfettamente con Insigne, nemmeno uno screzio. E con Mertens nulla che andasse al di là di un confronto dialettico in diretta tv. Una sola volta. Ordinaria amministrazione per un toscano fumantino come lui. Che peraltro ha persino chiesto scusa al belga per averlo impiegato meno di quanto meritasse. E a fine anno si è dichiarato favorevole alla sua riconferma. Nulla di paragonabile alla fama di mangiacapitani che è la maledizione toccata in sorte al signor Luciano. Napoli se ne è fatta una ragione, ha capito che ci può stare di doversi separare da un idolo e stavolta non ci sono spaccature ma quasi l’invocazione di una civile separazione: l’hastag #iostoconDries non è divisivo, insegue una distacco dolce, perché ormai nell’aria c’era comprensione verso un divorzio anagraficamente comprensibile. Senza Mertens, e dopo la partenza di Insigne, Spalletti si ritroverebbe uno spogliatoio con meno graduati. Le ombre del passato svanirebbero. Anche gli eventuali battibecchi avrebbero un peso diverso. Sarebbe giudicato per altro. Non più per la gestione dei grandi vecchi. Ma per la capacità di saper plasmare una squadra meno esperta, forse meno forte, ma più giovane, più esuberante. Spalletti attende gli eventi. Che sia con Dries o senza Dries. Lui sarà lì. Lamentarsi è da sfigati. Fonte: CdS