Il Mattino vota
Il metodo Spalletti ha centrato l’obiettivo della stagione: tornare tre le prime 4. Vero, l’uscita al primo turno di Coppa Italia con la Fiorentina e non essere arrivati primi nel girone di Europa League restano due lati oscuri di una stagione che va considerata positiva. Molto positiva. D’altronde, mai il Napoli è stato fuori dalla zona Champions in questa serie A: il momento “più basso”, il quarto posto dopo la sconfitta interna con l’Empoli il 12 dicembre. Un Napoli nel segno anche della continuità con il lavoro fatto da Gattuso, a cui il gruppo era rimasto assai legato
Spalletti ha cambiato il gioco del Napoli ma non le radici tattiche, ha recuperato Lobotka ma ha fatto sparire di scena Demme. La partenza è stata straordinaria: 8 vittorie di fila. Poi il pareggio all’Olimpico con la Roma. Con la squadra al completo, il Napoli ha volato, sulla scia del finale della stagione precedenti. La svolta, come sempre, è a Milano, con la prima sconfitta ma soprattutto la botta allo zigomo che Osimhen rimedia accidentalmente. L’emergenza, attesa per gennaio, arriva subito. E così altre sconfitte: con Atalanta, Spezia ed Empoli. Tutte in casa. Un abisso. Nel momento nero, il colpaccio a Milano col gol di Elmas. Il primo posto viene perso alla 16esima giornata dopo il 2-3 rimediato in casa dall’Atalanta. Torna prima dopo la vittoria in casa della Lazio ma dura solo un’altra domenica perché poi arriva il ko nello scontro diretto con il Milan (0-1). Il finale di stagione è condizionato dalle tre prove negative con Fiorentina, Roma ed Empoli, con lo spettacolo del ritiro annunciato e poi revocato (saggiamente). In cima a tutti Di Lorenzo, uno di quelli che può diventare la bandiera azzurra
Ospina 6,5
Il titolare intoccabile in campionato. 32 partite. Poi riserva in Europa. Il contributo nelle letture del gioco è determinante: comprende in anticipo lo sviluppo dell’azione e riesce a fare quasi sempre la scelta giusta. Pochi episodi negativi, qualche ottimo intervento, decisivo nel colpaccio di Bergamo. Negli occhi la parata su Luis Alberto nell’andata con la Lazio. Non impeccabile nel 2-3 con la Fiorentina.
Meret 5
Certo, la papera di Empoli. Ma sul giudizio pesa una stagione senza grandi errori, a parte l’harakiri toscano, ma con troppe interruzioni per accidenti di vario tipo. In Europa regge al turnover, qualche gol evitabile ed un salto di qualità che non è arrivato. Strepitoso su Ghiglione in Genoa-Napoli 1-3. Ma resta la sensazione del capolinea dell’esperienza in azzurro anche perché ha bisogno di continuità.
Koulibaly 6,5
Una stagione sopra la sufficienza, ovviamente, con qualche passaggio a vuoto come nel match interno con l’Udinese, con qualche gara sopra le righe e qualche prestazione, come in casa con l’Inter, con qualche errore che pesa. Va e viene dall’Africa, fa crescere Rrahmani dopo l’addio di Manolas. Si regala un altro gol vittoria alla Juve all’85’. Vittima del becerume da stadio a Firenze e a Bergamo. Reagisce da 10.
Rrhamani 6,5
Parte riserva di Manolas, ma dopo che il greco va in tilt con la Juve scocca la sua ora. Esordio con il Leicester, gli azzurri prendono due gol, ma il kosovaro mostra il suo valore. Decisivo gol a Firenze. Non esce più. Bene nel confronto con tutti i grandi attaccanti del campionato, rari i momenti di scarsa lucidità come quello con la Fiorentina quando perde palla a metà campo in un dribbling o nella notte del 2-4 con il Barcellona.
Juan Jesus 6,5
La sorpresa del pacchetto centrale. Nei vuoti lasciati da Koulibaly per infortuni e Coppa d’Africa si è inserito con personalità, guidando il reparto e sbagliando pochissimo. Riconferma meritata per la prossima stagione anche perché quando c’è stato da fare il passo indietro lo ha fatto senza un sospiro. Vittima anche lui delle tante disattenzioni letali che porta al gol di El Shaarawy, ma in generale una saracinesca.
Tuanzebe SV
Va via da Napoli dal Napoli senza lasciare traccia del suo passaggio. 130 minuti, ma praticamente tutto il bottino in Coppa Italia con la Fiorentina in una gara dove Vlahovic trovò spazi fin troppo larghi grazie alle sue amnesie. Mai scattata l’empatia ma era arrivato per sopperire al periodo in cui Kk sarebbe stato in Africa. Dunque, era riserva. E da riserva è stato trattato. Torna allo United in cerca di una nuova avventura.
Mario Rui 7,5
Va via da Napoli dal Napoli senza lasciare traccia del suo passaggio. 130 minuti, ma praticamente tutto il bottino in Coppa Italia con la Fiorentina in una gara dove Vlahovic trovò spazi fin troppo larghi grazie alle sue amnesie. Mai scattata l’empatia ma era arrivato per sopperire al periodo in cui Kk sarebbe stato in Africa. Dunque, era riserva. E da riserva è stato trattato. Torna allo United in cerca di una nuova avventura.
Ghoulam 6,5
Poche gare, ancora tanti infortuni e quello spirito indomito misto al rimorso per non aver potuto dare di più. Resterà negli occhi la stoica prova contro la Juventus contro un Napoli decimato da covid ed assenze e anche la domenica dopo nel derby con la Salernitana. Lascia con un plauso: ha l’Oscar della sfortuna, davvero non si sa a che livelli poteva arrivare senza quei due infortuni devastanti. Chiude da capitano con lo Spezia. Sacrosanto.
Di Lorenzo 8,5
Colossale. Stagione dal rendimento esaltante: fa quasi dubitare se ci si trovi al cospetto un atleta normale. Robocop è il soprannome ideale. Corre, difende, attacca, crossa, chiude e prova anche la conclusione. Quando non c’è stato, Spalletti (ma anche Mancini) hanno vissuto gli incubi peggiori. Non è un caso che senza di lui il Napoli ha sbandato e l’Italia è deragliata con la Macedonia. Deve essere lui la nuova bandiera azzurra.
Malcuit 4
Già era tutto scritto, ovvero sarebbe andato via. Ma ha fatto ogni cosa per non lasciare un rimpianto. Distruttivo contro l’Empoli, poi tra infortuni vari e Covid è stato più spettatore non pagante che altro. Forse solo con l’Atalanta al Maradona è una nota lieta, schierato a sorpresa nell’inedito 3-4-3. Inseparabile con Koulibaly, fuori dal campo è degno di un personaggio di De Amicis, per la sua quotidiana opera di beneficienza ai clochard.
Zanoli 5,5
Il voto è la sintesi tra la gara con l’Atalanta (che premiammo con 8) e quelle successive dove non ha fatto bene come nell’esordio in serie A. Ha, in ogni caso, a Bergamo mostrato di avere le doti del terzino forte e grintoso, suo l’assist con cui poi Mertens si procura il rigore. Deve fare ancora qualche passo per trovare la personalità per affrontare, da giocatore pronto, sia l’emergenza sia la gestione corrente in un top club.
Anguissa 7,5
Uno degli uomini cardine nei due mesi in cui il Napoli è andato come un treno. Settembre e ottobre a livelli stratosferici: era uno scarto del Fulham, ha mostrato quella fisicità che gli consente di stringere il campo agli avversari per far ripartire il Napoli. Quasi intoccabile in una squadra che vuol diventare sempre più verticale, nonostante qualche passaggio a vuoto pesante come contro l’Empoli.
Lobotka 7,5
Clamoroso step in avanti dopo i mesi bui trascorsi con Gattuso a causa dei tanti problemi fisici. La rivelazione della stagione: play evoluto che gioca lungo, corto e sa quando andare palla al piede. Giocatore di spessore che sarà perno della prossima stagione, con un’ottima fase difensiva. E contro il Genoa, dopo sette anni, è tornato persino a segnare. Uno dei pezzi a cui Spalletti non vuole rinunciare. Ha trovato sempre il filo di Arianna in ogni labirinto.
Demme 6
Non ha mai fatto mancare un apporto di corsa e cavalli. Non ha quella fisicità che immagina Spalletti per la sua mediana né i tempi di gioco di Lobotka: finisce ai margini ma non merita un’insufficienza per le prestazioni anche se il tunnel di Baselli nell’azione che porta al gol di Pereiro in Cagliari-Napoli resta una ferita e contro il Barça va in balia delle onde. Condizionato dall’infortunio rimediato in pieno luglio a Dimaro.
Fabian 6
Sufficiente. E basta. Perché troppe volte e quasi sempre nei giorni in cui poteva essere scritta la storia, si è dato alla macchia. Morbido e inguardabile con la Fiorentina e a Empoli, per esempio. Una sua magia regala i tre punti con la Lazio. Si adatta al centrocampo a due con buona personalità: diverse gare risolte col tiro da fuori. Manca, però, nel miglio decisivo: non riesce ad esser l’uomo che illumina quando serviva.
Zielinski 6
Lo spartiacque, il Covid a dicembre. Il gol al Barcellona al Camp Nou l’ultimo illusorio raggio di sole. Poi l’oblio improvviso, inatteso. Una eclissi totale nel momento chiave. Certo, al giro di boa sparisce di scena e Spalletti dopo avergli dato fiducia incondizionata, dalla trasferta di Verona lo relega in panchina e lì lo accantona. Monumentale nella prima parte (col Milan gigantesco a San Siro incantò) ma non si vive di ricordi.
Elmas 6
Il colpo di testa a San Siro con il Milan è oro colato. La sua doppietta al Leicester è determinante per il superare il turno in Europa. Il dodicesimo uomo di Spalletti, una sorta di tappabuchi tra centrocampo e trequarti. Il macedone copre tutti i ruoli richiesti con diligenza, ma senza trovarne uno dove spicchi per continuità. Funzionale nelle rotazioni, quando gioca dal primo minuto come nel 4-1 con la Salernitana incanta.
Insigne 6,5
Man mano che si avvicina all’addio, le sue prestazioni crescono di livello. Da brividi (in negativo) nella gara-scudetto con il Milan al Maradona dove Calabria lo divora. Ma in tante occasioni delude. Lascia in crescendo, con 13 gol (ma 4 errori dal dischetto) e 10 assist tra campionato ed Europa League. Una doppia doppia come si direbbe nel basket: commoventi le scene delle lacrime nel post Genoa.
Lozano 6,5
Sei gol e 6 assist tra campionato e coppa. Momenti da 7, altri da 5 anche se da un certo momento l’acciacco alla spalla lo condiziona: il mezzo voto in più per la capacità di aver assorbito il ruolo da trequartista esterno, soprattutto nella capacità di difendere anche oltre che di offendere. Devastante in alcune gare con le sue serpentine, doppietta decisiva al Bologna, è lui che si procura il rigore al Maradona con la Roma.
Politano 6
Esce dalle grazie di Spalletti nell’ultimo tratto di stagione per dar spazio a Lozano: meno brillante in zona gol rispetto ad altre stagioni, soprattutto l’ultima con Gattuso ma senza perdere qualità nella giocata. Diversi assist a referto e la disponibilità al sacrificio mai messa in discussione: è lui il titolare del Napoli che vola nelle prime 8 gare ed è suo il gol alla Juventus dell’1-1 alla seconda. Torna titolare a La Spezia e segna.
Ounas 5
Non ripaga la fiducia che Spalletti ha riposto nelle sue giocate dopo un buon ritiro. Si intestardisce in dribbling inefficaci: gioca una gara nella gara ogni volta che viene impiegato senza esser mai funzionale alla squadra. Per esempio, dà il suo contributo nel 2-2 con il Leicester, ha la sua occasione da titolare in casa con l’Empoli ma fa flop. Bisogna ancora insistere su di lui o meglio mandarlo altrove?
Oshimen 7
Devastante. Certe vittorie sono tutte sue, come con Verona, Udinese, Venezia. Salva gli azzurri a Cagliari. Ha il mal da grande: non segna alle big (tra le prime 8 solo il gol alla Fiorentina). Il colpo di testa come fondamentale per tagliare le difese. Gli infortuni continuano a limitarlo: deve imparare a proteggersi quando salta e quando cade. Il disegno di poggiare il Napoli verticale sul su di lui è una delle chiavi del futuro
Petagna 5,5
Il suo destino cambia a Marassi, a poche ore dalla fine del mercato: segna il gol della vittoria col Genoa e De Laurentiis decide di trattenerlo. Gioca pochissimo ed è decisivo anche nella vittoria con la Sampdoria. Poca altra roba nell’arco dell’annata, tra tante prestazioni poco brillante e una da gigante a San Siro contro il Milan alla vigilia di Natale, in una delle sue rare apparizioni da titolare.
Mertens 6,5
Il grande dilemma tattico del Napoli di Spalletti: può giocare alle spalle di Osimhen senza squilibrare la squadra? No, è prima punta. È chiaro. Il suo apporto da numero 10 è stato sempre di cuore, tra gol (cinque nelle prime 4 gare con Osimhen infortunato), tagli e passaggi chiave. Nel finale titolare solo per l’assenza di Lobotka e l’eclissi lunare in cui è precipitato Zielinski. È sul trono del gol azzurro, destinato a restarci a lungo
Fonte: Il Mattino