C ’era una volta la Napoli che festeggiava – con sobrietà ma con fierezza – la qualificazione in Champions League. E poi ce n’era pure un’altra, il 23 maggio del 2021: quella che buttando la polvere sotto al tappeto, cercava di annusare il veleno nell’aria. Quando i complottisti hanno smesso, sono spuntati gli striscionisti seriali: e adesso, per chiedersi cosa sia successo, perché mai stia capitando tutto ciò, l’unica arma è l’onestà, che Luciano Spalletti afferra dalla sua panchina e sistema dentro l’anti-vigilia con il Genoa.
«Quando sono arrivato, non ho trovato aria di contestazione, ho trovato qualcosa di peggio, ovvero l’indifferenza. Molti non sentivano il legame con il Napoli e in certi momenti mi sembrava di essere il solo a credere in questa squadra».
C’è stato un tempo, persino recente, che lo scudetto è apparso in sogno a una città intera, svegliatasi improvvisamente e ferita da quella visione: però queste sono le storie del campo, appartengono al vissuto del calcio, e ripensandoci un po’, Spalletti va a rileggere nel passato di quell’estate torrida, che l’accolse tra gli effetti nocivi d’un quinto posto.
«Dovrei portare le griglie di partenza, quando eravamo considerati da settima posizione. La delusione ci sta, è anche la nostra, perché nello scudetto ci abbiamo creduto nel periodo in cui siamo stati in testa. Ma di strada ne è stata fatta tanta per raggiungere un posto nell’élite del calcio europeo”.
Fonte: A. Giordano (CdS)