Spalletti: “Se dopo un anno la squadra è questa, la colpa è mia”

Una Caporetto. Una disfatta. Come poche altre. Presi a schiaffi come una banda di scapoli che improvvisa la partita di calcio al sabato mattina.

«Otto minuti di sciagurata follia», battezza il sito del Napoli. Luciano Spalletti è quasi annichilito. «È mia la responsabilità, tutta mia» ripete come un mantra. La decisione di andare in ritiro è anche sua. 

Spalletti, che spiegazione si dà? «Prendo atto di quello che è successo, immaginarsi un finale del genere era impensabile, sono stati gli avversari a giocare con l’intensità giusta. Noi abbiamo perso attenzione, perso qualche palla di troppo che non dovevamo fare. La responsabilità di quello è mia, la colpa di quello che è successo è dell’allenatore».

Ma come è potuto succedere? «Dipende sempre da quello che costruisci giornalmente. Da un certo momento in poi abbiamo perso attenzione e qualche palla di troppo e ci sono stati errori che per il nostro livello non vanno fatti. Ma sulla continuità e sull’attenzione ha molta responsabilità l’allenatore Abbiamo abbassato qualcosa che non va fa fatto. Se dopo un anno la squadra è questa, la colpa è mia».

Perché non c’è stata ancora una volta una reazione? «Quando commettiamo la leggerezza, arrivano i timori. L’Empoli era una squadra che aveva fame. Succede nel calcio ed è successo. Quando non si ha il possesso palla andiamo in difficoltà, quando la partita diventa una battaglia noi non sappiamo bene cosa fare. Anche se il livello della battaglia con l’Empoli non mi sembrava così insopportabile anche per i nostri canoni».

E ora? «Sono io che devo trarre le conseguenze di quello che avviene in campo. Se la squadra non sa reagire, dopo un anno che stiamo insieme, vuol dire che ho trasferito male il mio lavoro ai calciatori. Noi dobbiamo lottare per lo scudetto, come è stato più volte detto, e per stare là non possiamo fare quello che abbiamo fatto lì. Ma se fino a poche settimane fa tutti hanno riconosciuto che avevamo le caratteristiche per lottare per lo scudetto, se poi il livello diventa questo non posso non essere chiamato in causa».

Incide sul futuro con il Napoli questa frenata? «Il mio futuro doveva essere passare qualche ora a casa con la mia mamma ma certo ora non posso che rientrare con la squadra, salire sull’autobus e tornare giù. Ora vediamo come va la prossima partita e quella dopo, dobbiamo ancora qualificarci per la Champions, poi sarà soprattutto la società a fare le sue valutazioni complessive a fine anno».

Il calo è stato imbarazzante, fisico e mentale. «Il livello di preparazione della squadra dipende da me. Lo ripeto. Sono io responsabile dell’atteggiamento tecnico e mentale. E pagare le conseguenze di quello che succede in campo devo essere io».

Svanito il sogno scudetto. «Certo, i numeri lo dicono, con dispiacere è un sogno che abbiamo coltivato con grande sacrificio e lavoro. Poi gli altri sono stati più bravi di noi e bisogna concedere strada. Soprattutto se non hai una struttura mentale e un carattere forte. Non ci può essere questo diluvio, ho sempre tenuto il gas a manetta. Poi se si fa queste prestazioni, queste partite, è segno che ho sbagliato qualcosa nel lavoro».

Le scelte di cambiare Mertens e Insigne? «Mettete i sottotitoli: se dopo i cambi si perde, è colpa mia. Si pensava che potesse darci qualcosa in più mettere un centrocampista come Zielinski. C’è stato un periodo in cui mi veniva chiesto di togliere Insigne dal campo perché era andato a Toronto, invece l’ho tenuto sempre. Mertens? Ha giocato meno di quanto meritava ma quando De Laurentiis mi ha chiesto cosa fare il prossimo anno con lui ho detto che per me può restare».

P. Taormina (Il Mattino)

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