M. De Giovanni: “Può diventare un racconto meraviglioso della fine di un ciclo!”

Domenica ci saranno quasi 55 mila spettatori

54.726: così, tutti assieme, e anche appassionatamente, per sgretolare il passato e sistemare, con un chiodo, un poster nell’anima. 54.726: e forse ci saranno tutti, su quelle seggiole, o magari no, ma saranno tanti, come mai quest’anno, e resteranno lì, a guardar le stelle.

«Però, non colgo la fibrillazione atrioventicolare del passato, per fortuna».

54.726 in uno stadio che sognerà con gli occhi spalancati, e proverà ad evitare di lasciarsi contagiare dai ricordi – Firenze, l’albergo, Pjanic, Orsato – e resterà aggrappato a se stesso, a ciò che ora, Maurizio De Giovanni, mentre passeggia per il centro storico di Trento e con la testa sta già a domenica pomeriggio, definisce «la sindrome di Icaro all’incontrario», perché qui si volerà, ma solo dopodomani. «In giro, non sento vibrazioni: sarà perché sono lontano, ma anche i miei amici mi raccontano una Napoli diversa. Probabilmente, avverte il senso delle occasioni sbagliate o anche le delusioni recenti, la sconfitta con il Milan, il pareggio con l’Inter. E quindi».  

E quindi l’“ossessione” viene trascinata al “Maradona”, espressione di un momento da provare a rendere solenne, per starsene poi altre sei settimane tra le nuvole e vedere l’effetto che fa a chiunque, ad un scrittore anche da milioni di copie vendute nel Mondo, che sembra voglia esorcizzare uno stato di tensione collettiva. «Il ricordo del 2018 è vivo, con 91 punti ci strapparono uno scudetto di mano e tutto questo incide, ha un suo peso. Stavolta, la paura di cadere si avverte e il timore di doversi ferire va scongiurato a priori. Noi questa dimensione ce la godiamo giorno per giorno, osserviamo ciò che succede nella misura e nel tempo in cui ciò accade. Aspettiamo di arrivare a due giornate dalla fine».
Ma intanto, pure il papà del commissario Ricciardi s’è fatto una idea di quel che ci sarà da vivere fino a maggio inoltrato: «Io il Napoli lo vedo più forte dell’Inter e del Milan, ma la squadra è ondivaga o almeno così è stata. Però qui c’è il racconto meraviglioso della fine di un ciclo, ci sono calciatori che corrono il rischio di andarsene graffiando la Storia sulla pelle».

Fonte: A. Giordano (Cds)

 

 

 

 

 

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