Dopo la debacle che ha visto l’Italia fuori dai Mondiali per la seconda volta consecutiva, gli umori non sono quelli dei migliori, e molti calciatori azzurri sono ritornati ai rispettivi club.
Erano a Milano “Inferno Svezia 2017” (uno in panchina), a Londra “Paradiso Euro 2021”, a Palermo “Senza parole 2022”. Jorgihno, Immobile e Insigne fino a ieri erano ancora a Coverciano, in Nazionale. Poi, unici con gli indisponibili Verratti, Gianluca Mancini e Berardi, hanno fatto rientro nelle rispettive sedi, lasciando gli altri 27 compagni in ritiro, anche se la partenza per Konya avverrà con 23 giocatori, Chiellini e Bonucci compresi (Leo punta a qualche minuto in campo dopo un mese di stop). Gli altri quattro tagli avverranno tra oggi e domani prima della partenza, al netto di eventuali infortuni (uno sarà certamente Gollini).
Tornando al “trio JII”, una separazione anticipata, la loro, che in questo momento assume un significato simbolico, nel momento in cui l’Italia cerca di ridisegnare un nuovo inizio. Tra i più criticati dopo il tonfo macedone, moralmente distrutti, hanno ottenuto da Mancini, che non li avrebbe impiegati contro la Turchia, la possibilità di far ritorno in anticipo a casa. Non si tratta di annunciare con sollievo che quella del Barbera è stata la loro ultima partita in Nazionale ma è un fatto che le critiche più dure hanno riguardato proprio loro e che i margini di recupero in azzurri sono ridotti. Jorginho e Insigne, sempre sostenuti dal ct, si sono persi negli ultimi 8 mesi in modo verticale, tra rigori decisivi sbagliati in serie e con Lorenzo messo in discussione nel Napoli pre Canada; mentre Immobile, cannoniere principe senza ombre in campionato, e pur sempre miglior marcatore azzurro in attività (15 gol), ha confermato in modo frustrante di non essere l’uomo “ideale” di Mancini. Sarebbe stato meglio per tutti cercare un piano tattico B per sfruttarne le caratteristiche note in tempi utili, non essendo emerso negli ultimi quattro anni un bomber di livello internazionale. Né ingressi allargati come quello di Joao Pedro possono essere la risposta ma è evidente che la nuova Nazionale obiettivo 2026 vorrà partirà da un nuovo centravanti. A Konya toccherà a Scamacca, chiamato al battesimo del fuoco. Resta la particolare circostanza in cui è matuarata questa “partenza” espiatoria.
Non era mai accaduto infatti che una mancata qualificazione azzurra a un torneo internazionale (così come una prematura eliminazione), si trattasse di Europeo o di Mondiale, si consumasse per giorni nel chiuso di un ritiro a Coverciano. Nel paradosso del dopo Macedonia del Nord dai riverberi coreani non c’è stata la “rotta” scomposta verso rifugi sicuri ma la concentrazione dei reduci da Palermo nel Centro Tecnico, blindato a protezione del lutto. E qui la Nazionale ripiombata sulla terra ha cercato di ritrovare il bandolo di sé stessa, stretta intorno al suo leader in bilico, fornendo impegno e intensità, quasi a esorcizzare l’incubo impensabile del Barbera. Da questa stranita foto di gruppo ieri sono usciti emblematicamente loro. Per Insigne e Immobile, amici fraterni, l’unico mondiale della carriera, amarissimo, resterà quello brasiliano, nel 2014, chiuso con un altro pesantissimo 1-0, contro l’Uruguay, dopo quello altrettanto incredibile con la Costa Rica. E dire che l’avventura prandelliana era nata in modo trascinante a Manaos, contro l’Inghilterra, battuta 2-1 grazie a Balotelli. Mario adesso rimpianto solo dalla mamma di Mancini. Forse.
Corriere dello Sport