Per capire se nella Lega Serie A tira una nuova aria, dopo l’elezione di Lorenzo Casini alla presidenza, occorrerà tempo e una verifica su temi importanti. Il giurista è sostenuto in prima battuta da De Laurentiis e Lotito, i patron di Napoli e Lazio, con il successivo supporto di Barone (manager della Fiorentina). Venerdì 11 marzo i voti decisivi per Casini sono stati quelli di Spezia e Venezia, non a caso due proprietà americane, con azionisti che non vedono di buon occhio tutti questi conflitti all’interno della cosiddetta Confindustria del pallone che determinano non solo scontri ma anche ritardi, ad esempio quello sulla riforma dello statuto. Il presidente federale Gravina ha augurato a Casini di lavorare per far ritrovare compattezza. Certo, al di là delle tensioni che esistono tra il numero federale e Lotito, grande sponsor di Casini, i presidenti hanno mostrato poca attenzione verso la Nazionale: il ct Mancini avrebbe gradito un rinvio della trentesima giornata per preparare al meglio lo spareggio mondiale con la Macedonia ma sono state confermate le partite da venerdì 18 a domenica 20.Casini, capo di gabinetto del ministero della Cultura, ha convinto undici club a Milano perché ancora una volta si è presentato in assemblea mentre con estrema cautela l’altro candidato Abodi, presidente dell’Istituto di credito sportivo, aveva offerto una disponibilità per una successiva votazione. Il neo presidente della Lega Serie A dovrà mettersi al lavoro non soltanto per trovare un punto di equilibrio tra le società spaccate ma anche per andare su un fronte che è considerato decisivo per il futuro del sistema, secondo il parere di De Laurentiis: la Media company.
Come da tempo sostiene il presidente del Napoli, peraltro produttore cinematografico di fama, il calcio italiano deve strutturarsi per rendere competitivo il suo prodotto, con una produzione in house (è stato aperto un anno fa il centro televisivo di Lissone). Il progetto, che escluderebbe interventi di fondi esterni ipotizzati in passato, prevede non soltanto la trasmissione delle partite ma anche una serie di prodotti da offrire a un mercato sempre più vasto, anzitutto sotto l’aspetto anagrafico. Perché i giovanissimi non sono attirati da questo modello e peraltro seguire le partite su Dazn, titolare del contratto fino al 2024, non è sempre agevole, come gli esposti delle associazioni dei consumatori confermano. Le proprietà straniere – l’ultima in ordine di tempo è quella dell’Atalanta, con Percassi che ha ceduto la maggioranza al gruppo controllato dall’americano Pagliuca – sono attirate dagli investimenti negli stadi e intenzionate a spingere affinché il prodotto calcio sia meglio venduto all’estero. La differenza tra l’Italia e altre leghe è marcata: gli introiti dei diritti tv per la Serie A sono pari a 1,2 miliardi; per la Premier inglese a 3,6, per la Liga spagnola a 2,1 e per la Bundesliga tedesca a 1,3. L’appeal del prodotto si è notevolmente abbassato in questi anni. Si pensi che gli introiti per i diritti nazionali ed esteri nella Premier sono quasi pari (52 e 48 per cento) mentre in Serie A quelli nazionali pesano per il 78 per cento. Latitano i campioni che suscitano interessi negli altri Paesi ma soprattutto finora è mancato il progetto.
Fonte: F. De Luca (Il Mattino)