Che sia l’alba d’una nuova era, piccolissima e però elettrizzante, o il tramonto d’una stagione vissuta, sinora, comunque meravigliosamente, si saprà tra un po’, in fin dei conti basterà aspettare il tardo pomeriggio, e poi andare a leggere tra quelle ombra, semmai cercandone un filo di luce.
«Perché ora il tempo delle parole è finito e dopo questa partita tutto sarà più semplice: saremo con le nostre responsabilità e con il nostro talento e il risultato ci dirà quali dovranno essere i nostri pensieri».
Verona, ch’è stata «fatal» appena un anno fa – all’andata rumorosamente ma al ritorno rovinosamente – racchiude in sé la verità non ancora percepita d’un Napoli dal quale Spalletti ha ottenuto la gratificazione di sentirsi in lotta per lo scudetto sino a domenica scorsa e che però potrebbe adesso sottrargli quell’orgogliosa fierezza di otto mesi pieni di calcio e pure d’emozioni.
«Noi sappiamo che vale molto e che una sconfitta potrebbe essere decisiva. Ora, è tutto racchiuso in quello che vogliamo fare delle nostre vite calcistiche, delle nostre carriere».
E quindi, non essendoci spazio per divagazioni dialettiche e libere interpretazioni, è arrivato il momento dei fatti, a una settimana esatta da quella sconfitta con il Milan che non ha messo in crisi né le certezze consolidate, né le tendenze ad un calcio sempre ambizioso. «Il Milan ci ha impedito di essere il Napoli vero, ma non ha tolto nessuna sicurezza, perché abbiamo fatto molte cose nel modo giusto. Siamo stati condizionati da questo gol, che ne ha ricordati altri subiti in precedenza e sui quali bisogna ovviamente lavorare, come abbiamo fatto».
SPORCO NO
È tutto, maledettamente concentrato in quei concetti – le seconde palle, le partite «sporche» – che sfuggono alla natura stessa d’una squadra elegante, abituata a riempirsi di sé con la sua disinvolta padronanza del calcio e però incapace di afferrare situazioni che le sembrano astratte.
«Siamo forse più orientati ad usare la tecnica calcistica. E a Verona, invece, dovremo utilizzare pure la fisicità ed essere disponibili allo scontro. Il nostro avversario è notevole, Tudor ha fatto un grande lavoro e noi dovremo batterci con le armi che non abbiamo nelle nostre caratteristiche».
Al Napoli che si gioca quel lembo di scudetto che ancora s’intravede, Spalletti toglierà qualcosa – la ruggine degli Insigne e degli Zielinski, l’acido lattico di Fabian e di Politano – e lo accarezza, con l’energia fresca di Lozano e di Elmas, con lo spudorato atletismo di Anguissa e la rapidità di Ounas:
«Abbiamo recuperato un po’ di uomini, chi si è allenato può avere maggiore minutaggio. Ed è corretto, questo. Non penso, comunque, ci siano novità tattiche, e la presenza di Lobotka, con la sua tendenza, non è incompatibile con la nostra idea di gioco. La sconfitta non ci ha fatto perdere autostima. Non cambia niente. Abbiamo dimostrato di poter stare in quel condominio».
E proprio a Verona, guarda un po’, Spalletti spalancherà le finestre del balcone, inseguirà aria nuova – fosse anche semplicemente un colpo di vento – per potersi dare un nuovo orizzonte, per scacciare via quei retro-pensieri e magari trasformarli in luoghi comuni:
«Il problema non è solo psicologico. Abbiamo preso troppi gol nelle mischie in area di rigore, ci spiace non aver portato a casa – con il Milan – il risultato, ma abbiamo qualità riconoscibile che dobbiamo riuscire a usarle».
È una questione di attimi da cogliere: adesso o mai, per stavolta.
Fonte: A. Giordano (Cds)