Maradona, inchiesta sul clan in Argentina: «Alcol e marijuana per raggirarlo»

«Associazione a delinquere, truffa e circonvenzione di incapace».

Sono le pesanti accuse di due magistrati argentini di La Plata, Maria Cecilia Corfield e Pablo Raele, nei confronti di chi è stato accanto a Diego Maradona negli ultimi anni della sua tormentata vita. L’inchiesta è partita da una denuncia presentata nei mesi scorsi da Dalma e Gianinna Maradona, le figlie del Diez e Claudia Villafane, contro Matias Morla, avvocato e manager del Pibe, titolare della società Sattvica che controlla tuttora il marchio di Diego. Morla e il suo collega Victor Stinfale sono stati identificati come gli “organizzatori di un piano” per manipolare psicologicamente il Campione attraverso la «somministrazione di alcol, farmaci e marijuana».

Dal 22 marzo al 12 aprile dovranno presentarsi negli uffici di La Plata non solo Morla e Stinfale, ma anche Maximiliano Pomargo (assistente di Diego), Vanesa Patricia Morla (incaricata della contabilità), Maximiliano Trimarchi (autista), Sergio Garmendia (segretario), Carlos Orlando Ibanez (pregiudicato e abituale frequentatore di casa Maradona), Stefano Ceci (imprenditore napoletano titolare dei diritti di immagine del Pibe) e Sandra Iampolsky (notaio). Davanti alla dottoressa Iampolsky il 17 agosto 2020, tre mesi prima della morte avvenuta il 25 novembre, Maradona sottoscrisse i contratti in cui cedeva la titolarità dei diritti di immagine e il marchio a Ceci e Morla: la professionista argentina ha già dichiarato che Diego era in facoltà di intendere e volere. «Non ho ricevuto alcuna comunicazione dalla magistratura argentina ma sono a disposizione per chiarire che il rapporto di amicizia con Maradona è iniziato nel 2000 e quello professionale nel 2012, quando accanto a Diego c’era ancora la signora Villafane. Il contratto stipulato nel 2020 – io peraltro ero stato per l’ultima volta in Argentina a gennaio, a causa del Covid – è il rinnovo dei precedenti. Tutto ciò che è stato percepito è stato regolarmente registrato versando, come da accordi, il 50 per cento ai familiari di Maradona», spiega Ceci. E il suo avvocato Claudio Minghetti aggiunge: «C’è stato già un procedimento nei confronti di Morla archiviato dal tribunale di Buenos Aires, dopo che il notaio Iampolski aveva dichiarato che Maradona era in pieno possesso delle sue facoltà».

I figli di Maradona hanno emesso un comunicato (manca la firma di Jana e per Diego jr è indicato il numero del passaporto) sottolineando l’impegno della Procura di La Plata «per la scoperta della verità sulla morte di nostro padre» e hanno pubblicato uno stralcio dell’atto dei magistrati Corfield e Raele: «Almeno dalla fine di luglio 2020 e fino all’inizio di novembre nel quartiere Chiuso Campos de Roca gli imputati Victor Stinfale, Matias Edgardo Morla, Maximiliano Pomargo, Vanesa Morla, Maximiliano Trimarchi e Carlos Orlando Ibanez hanno ridotto Diego Armando Maradona alla condizione di servitù, limitando i contatti con familiari, amici e parenti, sia di persona che telefonicamente, fornendogli alcol, droghe e marijuana e manipolandolo psicologicamente con diversi doni con lo scopo di tenerlo sotto il loro potere, per beneficiare economicamente del reddito generato attorno alla sua figura».

Due giorni fa, intanto, l’avvocato argentino Carlos Gruneisen ha denunciato il collega Sebastian Baglietto, amministratore dell’eredità di Maradona, per inadempimento della misura precauzionale adottata dal giudice di La Plata Luciana Tedesco del Rivero che obbliga gli eredi di Diego e i loro rappresentanti a non interferire nelle attività di Ceci, titolare dei diritti di immagine del Campione. Dalma e Gianinna Maradona hanno presentato una denuncia penale nei confronti di Ceci, che – si legge nell’esposto – «è stata nuovamente notificata dalla polizia il 7 marzo alle ore 6 nell’albergo dove alloggia a Napoli».

F. De Luca (Il Mattino)

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