Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Hugo dal paradenti azzurro”

Il paradenti azzurro in stile basket brillava ogni volta che la smorfia guerriera gli trasfigurava il volto. Ogni volta che la sua indole da guerriero argentino saltava fuori in un contrasto. Una lunga corsa sulla fascia. Un confronto a muso duro, ma sempre leale, con un avversario. Hugo Campagnaro ed il suo paradenti erano inseparabili. Hugo Campagnaro uno di quelli che fanno sospirare ogni volta che ne rievochi il ricordo. Iconico. A Londra, nel suo turbante arrossato da zampilli di sangue rosso vivo. Con Drogba che gli ghigna da un metro, e lui che non si tira indietro. Il paradenti a pochi centimetri dall’ebano dell’ala dei blues. Uno scontro titanico. Incastonato nelle menti. A me piaceva assai, Hugo. Mi dava un senso di appartenenza. Come quel suo Napoli, indomito, indomabile. Un senso di sicurezza. Capace di tutto. Faceva reparto, spogliatoio. Era un’anima che si allungava sul prato parlando ai cuori. L’ incastro perfetto in quel Napoli guidato da Mazzarri. Che hai voglia di ricordare altro, ma quel Napoli, embè, si quel Napoli quando ne parli, ne parli con riverenza. Una squadra capace di imprese fatte di rimonte leggendarie. Di vittorie venute camminando sul filo delle emozioni. Hugo Campagnaro era un equilibrista che ci camminava su quel filo. Venne dalla Sampdoria, con il Napoli appena all’alba della sua recente storia. Si prese il posto da titolare e si prese il rispetto dei tifosi. Incarnava le loro voglie ed i loro desideri. Sapeva interpretarne gli umori trasferendoli in campo. Mai una gamba levata. Mai un momento di pausa. Energia e sudore. E gol quando capitava. Come quello a Milano, contro il Milan, il suo primo con la maglia del Napoli. Una rasoiata di destro a pelo d’erba, la porta spalancata, sul cross dal fondo di Lavezzi. Uno degli innumerevoli gol di quel Napoli piratesco, capace di giocate vorticose, improvvise, un mare che si agitava nel mezzo della partita, solcato da undici galeoni azzurri con i portelli pronti a cannoneggiare. Hugo Campagnaro ed i suoi gol con la maglia partenopea, tutti in trasferta, per un buffo caso voluto dal destino. Pareva un raptor, Hugo, con il suo paradenti azzurro che gli conferiva aria guerriera e l’ espressione pedatoria. E del raptor aveva l’artiglio. Quel suo scarpino che si infilava nel nugolo di gambe, nella mischia, catturando il pallone. Quanto ci piaceva Hugo. La solidità di un bastione. Incrollabile. Pochi sorrisi, tante avventure. Hugo l’ argentino. Già, l’argentino. Nulla è mai per caso. Specie nel calcio. Specie qui, sotto il sole del golfo.

 

 

di Stefano Iaconis

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