Trentadue anni volati via inutilmente: perché da quei giorni, e lo dice la classifica, praticamente (quasi) nulla è cambiato. Trentadue per starsene adagiati dentro a un sogno, in quel drappo tricolore che ad aprile del ‘90, quando Sguizzato di Verona disse ch’era finita, Andrea Carnevale avvolse intorno al collo e portò con sé incontro alla gloria.
Così, per ricordarglielo, Carnevale: Milan e Napoli 45 punti, Inter 41… Analogie ce ne sono. «Anno di grazia 1989-90. Poi noi andiamo a vincere a Bari, segnano Diego, il sottoscritto e Careca. E lì comincia il finale, che sembra di rivedere».
Domenica scorsa, alle 22.40 circa cosa faceva? «Da amante del calcio e delle emozioni, applaudivo Fabian Ruiz per un capolavoro stilistico pazzesco. Guardavo il replay e mi dicevo: come ha fatto? Quella palla che gira, sembra stia per uscire, rientra e va nell’angolo».
Partita vibrante, da grandi squadre. «Ci sto: due grandi squadre. Molto bene la Lazio per un tempo e forse di più: ha creato, giocato, sprecato, messo in difficoltà persino Koulibaly. Poi è uscito il Napoli, che l’ha voluta vincere: quando ha preso il pari, sulla prodezza di Pedro, s’è buttato avanti, perché sentiva di non poter buttare via quest’altra occasione».
E adesso come andrà a finire? «Percentuali equamente divise, 33% a testa. L’un per cento lo lasciamo al caso. Ma questa è la stagione giusta, non può non succedere. Il calendario conta fino a un certo punto e mi viene da dire che senza coppe è una benedizione: lo so, sembra una bestemmia, ma è difficile reggere tanti impegni, nonostante un organico del genere. L’Europa League toglie energia anche nervose».
E il 4-2 dal Barcellona poteva lasciare scorie. «È stato bravo Spalletti a ricaricarli. Forse il discorso nell’intervallo, mi viene da pensare, e qualche indicazione nuova per cambiare l’inerzia. Ma io mi sono divertito un mondo, negli ultimi 30′ la palla al Napoli non gliela toglievi».
Scelga un uomo provvidenziale in questa corsa pazza. «Io punto su Spalletti, perché lo conosco dagli anni di Udine. È una persona splendida ma anche – e da sempre – uno dei più bravi allenatori in circolazione. La sua squadra ti fa innamorare, gioca un calcio sempre autorevole, vuole comandare, ce l’ha nel sangue».
Una personalità che si avverte. «Come Bianchi. Uno senza compromessi, anche a costo di non piacere. Un lavoratore che arriva al campo alle nove del mattino e se ne va alle sette di sera. Uno che idee e sa come si gestiscono gli uomini ma anche l’ambiente. Mentre tutti festeggiavano, lui puntava lo sguardo su certe insofferenze ambientali. Pure in questo ci sono situazioni che si somigliano: ricordo che quell’anno, con l’Ascoli, in una partita difficile, segnai l’1-0 e mi lasciai andare in un gesto di dissenso. Corsi e ricorsi…».
Per lei, l’Inter è la più forte. «Confermo che ha tutto per essere considerata la pretendente più dotata. Ma il Napoli ti prende lo stesso, ha una qualità impressionante in ogni zona del campo e soprattutto in attacco è in grado di rovinare chiunque. Da Insigne a Politano, da Osimhen a Mertens, da Petagna a Lozano, che rientrerà e finirà per essere un valore, c’è un ventaglio di opzioni da spassarsela. Ma poi ci puoi mettere anche Zielinski ed Elmas tra le linee…».
E domenica c’è Napoli-Milan. «È una partita che sfugge ai pronostici, ma l’Olimpico ha detto che Spalletti è riuscito a liberare i suoi ragazzi dai fantasmi del Barcellona. Per un po’ hanno sofferto, e ci sta che succeda con la Lazio, ma quando si sono messi a giocare, hanno dimostrato di avere una padronanza impressionante della situazione. E’ stato un bel vedere, una gara che ha divertito».
Non ci sono favorite. «Non si può scherzare con i pronostici, ma il Napoli ha ritrovato Lobotka, a Roma, e questo è un fattore. E il gol ha cambiato Fabian Ruiz, fidatevi: una invenzione del genere ti ricostruisce dentro».
La differenza la faranno? «Anche il destino. Il Napoli ha pagato un conto esagerato, tra Covid, infortuni e Coppa d’Africa. Ha avuto per mesi calciatori fuori, ha dovuto rinunciare anche a dieci uomini e tutti di primissimo piano. Non è stato semplice e qualche riflesso si nota pure adesso: all’Olimpico, contro la Lazio, vedevo Koulibaly, nei primi minuti, in leggera difficoltà. Poi si è scaldato e ha ritrovato i propri livelli che gli sono serviti per frenare Immobile, ma ci sta che il successo con il Senegal lo abbia un po’ appagato e chiaramente affaticato. Vincere con il Milan, sarò banale, significa non solo mettere i rossoneri a tre punti, ma impaurire anche l’Inter. Perché è indiscutibile che la squadra di Spalletti faccia seriamente paura».
Fonte: A. Giordano (Cds)