Napoli-Spagna, ancora una volta. Qualcosa che lega a doppia mandata. Una Spagna particolare quella pronta ad affacciarsi in città oggi, quella che fa rima con Catalogna e porta con sé i colori del Barcellona. «Napoli e Barcellona sono città che vivono sul mare, accomunate da un grande fascino» ci racconta Juan Carlos Reche. Andaluso classe 1976, da anni un punto di riferimento dell’Istituto Cervantes nel nostro Paese, di cui è direttore.
È diventata la meta preferita anche per tanti tifosi. «La fortuna è che prima della pandemia i nostri due Paesi hanno deciso di aumentare le rotte aeree (ride). Speriamo che dopo il Covid si riprenda senza sosta».
Ma lei stasera per chi tiferà? «Ho il cuore diviso a metà. Ma devo dire che, per natura, sono portato ad affezionarmi sempre alle squadre che partono in svantaggio contro un colosso come il Barcellona. Mi affezioni ai club che sanno superarsi, come il Spagna il Villarreal o il Siviglia, che ha vinto questa Coppa tante volte».
Quindi tiferà Napoli? «È la mia squadra favorita in Italia. Anche perché ci giocava Cavani».
È un tifoso del Matador? «Ho vissuto in Uruguay ed è un calciatore che ho seguito sempre con affetto. Quando era a Napoli ho conosciuto meglio la squadra e mi sono appassionato».
E un calciatore preferito del Barcellona? «Sicuramente Rafa Marquez, che ricordo con piacere. Ma ho adorato anche Zubizarreta, un portiere che ha fatto la storia con il Barcellona e anche con la nazionale».
Torniamo alle città: cosa consiglia ai tifosi catalani che saranno a Napoli? «Di godersi la città. Tutta. Anche le vie del centro che potrebbero evitare. Con l’Ambasciata, negli anni scorsi, abbiamo lavorato tanto ai Quartieri Spagnoli: partite da lì, ultima tappa sarà lo Stadio».
Che porta il nome di Maradona, simbolo della partita. «Ma sono d’accordo con Spalletti e non ho dubbi: Diego tiferà per gli azzurri. A Barcellona è stato bene, ma solo al Napoli e al Boca è stato felice».
E tra i banchi chi vincerebbe: il napoletano o il catalano? «In Spagna ci sono solo quattro lingue riconosciute, perciò il catalano ha saputo imporsi di più anche nelle scuole o nei documenti ufficiali. In Italia, invece, la ricchezza linguistica è spropositata. Ma non per questo il napoletano ha meno importanza».
G. Arpaia (Il Mattino)