Vinicio ne fa 90 di anni – Quel mitico Lione e il sogno scudetto regalato a Napoli

Sbarcò a Napoli nell’estate del 55, abilmente sottratto dal Comandante Achille Lauro alla Lazio. Luis Vinicius de Menezes detto Vinicio, nato il 28 febbraio 1932 a Belo Horizonte, città del Brasile popolata da emigrati italiani, aveva fatto faville nel Botafogo accanto a Garrincha, segnando 13 gol in 22 partite. Vi fu subito un problema, dopo il pagamento di 50 milioni di lire, quello del tesseramento perché il Napoli aveva già uno straniero, lo svedese Hasse Jeppson, dunque serviva una discendenza italiana per accogliere Vinicio come oriundo. Spuntò il nonno materno Consalvo Abilio D’Amarante, originario di Aversa. E cominciò quel rapporto d’amore tra Napoli e Vinicio che tuttora dura, un affetto immenso come quello per donna Flora Piccaglia, la connazionale ritrovata casualmente dinnanzi a Castel dell’Ovo e sposata nella Basilica di San Francesco di Paola nel 1957, con piazza Plebiscito invasa dai tifosi.


IL CAMPIONE

I napoletani, d’altra parte, si innamorarono subito di Luis, che fece all’inizio coppia con Jeppson. Nella prima partita – 18 settembre 1955 – andò a segno contro il Torino dopo 40 secondi (ma nell’autobiografia scritta con Paquito Catanzaro ha puntualizzato: «Per la verità, ne erano passati appena 17»). E sei mesi dopo il pubblico del Vomero, dove allora giocavano gli azzurri, scelse per lui il soprannome. Se Jeppson era o Banco e Napule, perché pagato 105 milioni, Vinicio diventò O Lione, perché in una partita contro il grande Milan di Liedholm e Schiaffino rimase in campo nonostante un infortunio al ginocchio e fece due gol. Record di reti in azzurro nella stagione 57’58 (21, fece meglio soltanto nel Lanerossi Vicenza: arrivò a 25 nel campionato 65-66 e conquistò il titolo di capocannoniere di serie A), poi il timbro nel giorno dell’inaugurazione del San Paolo, partita del 6 dicembre 1959 contro la Juve, l’ultimo anno prima di essere costretto a trasferirsi a Bologna perché c’erano rapporti tesi con l’allenatore Amadei. Ma Napoli era nel suo destino e qui avrebbe cominciato la carriera di tecnico nel 1968 alla guida dell’Internapoli, la squadra che sognava il derby con gli azzurri. Accanto un giovane assistente che avrebbe fatto carriera, il compianto Gianni Di Marzio.


L’ALLENATORE

Partito dalle categorie inferiori, dopo l’ottimo campionato a Brindisi mister Vinicio fu contattato nell’estate del 73 da Ferlaino per guidare il Napoli. Luis aveva un accordo con un’altra società, il giovane ingegnere diventato quattro anni prima presidente lo convinse. E partì una meravigliosa avventura, col Napoli che arrivò a giocarsi lo scudetto nella primavera del 75 contro la Juventus. La storia della sconfitta per 2-1 a Torino il 6 aprile, con il gol decisivo dell’ex Altafini soprannominato poi core ngrato, la conosce anche chi non c’era. Vinicio aveva creato una squadra dai sincronismi perfetti dopo aver lavorato sul campo e fuori. C’era una mentalità da scrostare, la patina catenacciara del calcio italiano. Il discorso del Lione fu duro nel ritiro estivo in Garfagnana, dopo una disastrosa amichevole: «Io non voglio una squadra che si difenda aspettando che là davanti accada qualcosa. Ho le valigie pronte, ditemi se volete seguirmi o vado via». Capitan Juliano e gli altri lo seguirono. Vinicio lanciò la zona, valorizzò giovani di talento e fece vivere una nuova giovinezza a chi era avanti negli anni, come il difensore Burgnich, vice campione del mondo nel 70 scaricato dall’Inter, o l’attaccante Clerici, il connazionale per cui litigò con Ferlaino nell’estate del 75.
L’ingegnere aveva acquistato Savoldi dal Bologna per due miliardi e mezzo di lire e nella contropartita inserì l’attaccante brasiliano detto El Gringo. Vinicio si irritò perché riteneva Clerici più funzionale al suo gioco. Le tensioni furono così forti che il tecnico si dimise poco prima della fine del campionato, lasciando ai collaboratori Delfrati e Rivellino la panchina per la finale di Coppa Italia contro il Verona, vinta all’Olimpico. La sua carriera sarebbe proseguita in altre piazze, anche nella vicina Avellino.

Luis Vinicio

L’ultima tappa, trent’anni fa, come direttore tecnico della Juve Stabia. Del Napoli si interessò quando stava avvicinandosi il fallimento, come presidente della Lega Azzurra istituita da imprenditori e professionisti per tentare un’impossibile operazione di salvataggio. Il calcio è rimasto una passione da seguire sempre in tv, avendo accanto donna Flora, la compagna di una vita, risposata nel 2017 in occasione del sessantesimo anniversario delle nozze. L’amore dei napoletani è rimasto intatto e la stagione di Vinicio è stata riletta con passione negli anni di Sarri perché quel bel Napoli dei 91 punti fece sognare come il suo.

F. De Luca (Il Mattino)

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